LA VITA POLITICA ITALIANA DEL CINQUECENTO. 17
vedere gli effetti storici di questo coneetto, rafforzato da questa sua base; e mostrare , che, a differenza del greco, il quale produceva 1' evoluzione, il nostro di necessità produee le rivoluzioni.
Egli è neeessario, infatti, che lo spirito umano nel suo continuo progredire, insistendo nell'indagine acuta di sè stesso e de' suoi rapporti col cosmo, arrivi col tempo ad accorgersi da un lato delle proprie illusioni religiose, c dall'altro rilevi le vive ripu .nanze fra l'intima sua natura c l'invalso c saneito costume. Ed è pur necessario che allora, in quei primi momenti d' entusiasmo per la riconosciuta vcì'tà, e;li getti via da se come illusione od inganno, non solo la credenza religiosa, non solo il costume invalso, ma, per poco , ogni fede, ogni costume, ogni legge morale. Ciò avviene tanto più. facilmente quando all'ombra delia sauzioue trascendente si sieno ricoverati precetti di moralità affatto ripugnanti colla ragione, i quali talmente si sieno mescolati e confusi colla parte razionale, da costituirne tutto un corpo. Egli c in tali momenti dell' evoluzione umana, che anche i migliori vengono a trovarsi nella più compiuta anarehia etiea: anarchia alla quale solo gli ottimi sanno presto rimediare, riconoscendo le basi naturali della moralità ; mentre la maggioranza delle persone pur colte, spaventata dalle pratiche conseguenze, si mette a ricostruirne la base teologica, c la folla si confonde e delira in una o nell'altra direzione.
XI nostro risorgimento, cioè il nostro ritorno alla conoseenza della vita e dell'arte pagana antica, compiutosi verso la fine del secolo deeimoquinto, determinava appunto una rivoluzione, non solo letteraria e politica, ma sociale e religiosa. Risorgeva lo stato pagano a tipo imperiale, assoluto, unitario, con brevi intermezzi di repubblieani tirannicidii; le nuove legioni dei condottieri s creavano nuovi imperatoruneoli; i costumi s'innovavano, modellandos sugi antichi; ma sopratutto s'innovavano le idee filosofiche e religiose (pur mantenendosi le apparenze cattolico-cristiane) allo spettacolo del bello c facile e rilassato vivere, che traspariva da una prima c tumultuosa ispezione del mondo antico. I migl ori fra gl'Italiani, sulla fine del quattrocento, avevano in fondo rinunciato alle credenze cristiane, o affannosamente tentavano di metterle d'accordo colla dottrina di Platone, e si trovavano quind assai vicini a quell'anarchia morale che, come accennammo, s avvera sempre, quando ad un tratto si sposti o precipiti la base trascendente del costume, o di questo ci riconosca la fallacia. Allora, infatti, la vecchia morale cristiana, con tutte le sue superfetazioni cattolieo-roinanc, parve davvero cosa assurda, cosa da volgo, e fu gettata via, prima di arrivare al concetto nuovo, al coneetto del conveniente (1). Il mondo antico, tranquillamente stufato, avrebbe potuto ìivelare quel concetto; ma quel mondo per allora veniva i guardato con quella ammiraz one cieea con cui si guardano le belle cose nuove; e nella sua molteplicità avea di che contentare tutti gi'istipti, tutte le aspirazioni e i bisogni. La confusione e lo stupore erano nelle menti; ma più grande era la confus >ne nei cuori.
E se questo avveniva nelle class, superiori della società, che largamente, prò viribus, partecipavano alla grandiosa scoperta e conquista del mondo ant jo, ben peggiori erano le conseguenze per la folla, che appena risent ' ra gli ech d questa festa per la liberazione degh spirit. e rimanendo entro la cerchia delle vecchie credenze e superstizioni, badava ai Ritti, ai nuovi costumi delle classi direttrici: e vedendoli discordare 'dalla moralità tradizionale religiosa, ne arguiva, col grosso buon senso, che essa moralità fosse un grande inganno : e s'affrettava ad abbandonarla prima di essere nemmeno preparata alla ricerca della nuova.
In generale si è molto severi nel giudicare la moralità del nostro nsoigi-mento: ingiustamente severi in impecio, se con risorgmicnto oi vuole abbracciare
(1) Cfr. il Burckhardt, I, 366. Cakello.
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