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Storia della Letteratura Italiana nel Secolo XVI

U.A. Canello
Francesco Vallardi Milano, 1880, pagine 327

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   CAPITOLO III.
   tigianeria ebbe ben presto largo svolgimento, ed acquistò tanto eredito, ehe una donna perbeue poteva domandarsi se non le convenisse avviare alla eortegiania la propria figliuola (1). Roma e Venezia furono le città più frequentate dalle cortigiane, ehe v'incontravano ricehi prelati, nobili gaudenti e forastici'!. A Venezia, nel 1580, il Montaigne vi eontava non meno di centocinquanta gentildonne da mercato, pubblieamente mantenute dai patrizii (2).
   La cortigiana sapea suonare più d'uno istrumento, eantava, aveva una tintura di lettere, e talvolta componeva anche versi Amava, era amata e rispettata, e più volte finiva eolio sposare l'amante.
   Il tipo della cortigiana elegante e eolia, quasi l'Aspasia del einqueeento, è l'Imperia, morta a ventisei anni, a Roma, nel 1511. u Tra gli altri, serive il Ban-ìì dello (3), che quella sommamente amarono, fu il sig. Angelo dal Bufalo, uomo ìì della persona valente, umano, gentile e ricchissimo. Egli molti anni in suo » poter la tenne, e fu da lei ferventissimamente amato, eome la fine di lei di» mostrò. E pereiò ehe egli è molto liberale e cortese, tenne quella in una easa ono-» rat^simamente apparata eon molti servitori, uomini e donne, ehe al servizio di » quella eontinovamentc attendevano. Era la easa apparata e in modo del tutto » provvi&ta, ehe qualunque straniero in quella entrava, veduto l'apparato ed or» dine de'servitori, eredeva ehe ivi una principessa abitasse. Era tra l'altre eose » una sala ed una eamera sì pomposamente adornate, ehe altro non v' era che » velluti e broccati, e per terra finissimi tappeti, Nel eamerino, ov'ella si ridueeva, ìì quand'era da qualelìe gran personaggio visitata, erano i paramenti ehe le mura n coprivano, tutti di drappi d'oro rieeio sovra rieeio, eon molti belli e vaghi eo-ìì lori. Eravi poi una eorniee, tutta messa a oro ed azzurro oltremarino, maestre-n volmente fatta, sovra la quale erano bellissimi vasi di varie e preziose materie n formati, eon pietre alabastrine, di porfido, di serpentino, e di mille altre speeie. ìì Vedevansi poi attorno molti eofani c forzieri riccamente intagliati, e tali, ehe ìì tutti erano di grandissimo prezzo. Si vedeva poi nel mezzo un tavolino, ii più ìì bello del mondo, eoverto di velluto verde. Quivi sempre era o liuto o eetra eon n libri di niusiea, ed altri istrumcnti musiei. V'erano poi pareeehi libretti vol-n gari e latini rieeamente adornati. Ella non mezzanamente si dilettava delle rime ìì volgari, essendole stato in eiò esortatore, e eorne maestro il nostro piacevolissimo ìì mes. Domenico Campana, detto Strascino; e già tanto di profitto fatto ei aveva, ìì che ella non insoavemente componeva qualche sonetto o madrigale ». E seguita narrando eome essendole andato a far visita l'ambaseiatore di Spagna, e nel eelebre eamerino avendo bisogno di sputare, trovò ehe il luogo meno improprio a eiò fare era il viso del servitore ehe gli stava alle spalle. La sua easa era un eonvegno di studii e di amore: a andavano, tra gli altri, il Sadoleto, il Cainpari, il Coloeei. Fu sepolta nella ehiesa di S. Gregorio.
   Ma l'Imperia non fu sola: d'un'altra cortigiana diee l'Aretino: « ella sa » a memoria tutto il Petrarca e il Boeeaecio, e innumerevoli bei versi latini di ìì Virgilio , Orazio ed Ovidio e di mille altri autori n (4).
   E tra le cortigiane ben sarà di mettere anehe Tullia d'Aragona, elio ne rappresenta la varietà più elevata ed indipendente: e deve la sua fama, non tanto a' suoi versi e al rifacimento pocLeo del Gv,evino il meschino, quanto alla sua vita elegante e dissoluta. Bastarda d'un cardinale arcivescovo di Palermo, e della bella Griu'.ia ferrarese, cortigiana residente a Roma, essa sapeva eantare e conversare ch'era un incanto; pei donna, poetava egregiamente. Ricchissima, ella te-
   (1) Cantù, III, 408, dove si cita una lettera della Franco, cortigiana, che dissuade una genlildonna veneta dal far cortigiana una sua figlia.
   (2) Cantù, III, 711.
   (3) Parte III, nov. XLII.
   (4) Ragionamento del Zoppino, p. 327 ; citato dal Burckhardt, II, 170.