Stai consultando: 'Storia della Letteratura Italiana nel Secolo XVI ', U.A. Canello

   

Pagina (221/343)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina      Pagina


Pagina (221/343)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina




Storia della Letteratura Italiana nel Secolo XVI

U.A. Canello
Francesco Vallardi Milano, 1880, pagine 327

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

Aderisci al progetto!

   
[Progetto OCR]




[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   la lirica amorosa. 213
   vedersi un nella culla, E per casa giocando ir due bambini, E poco prima nata una fanciulla;
   Ed esser di sua età giunto ai confini ; E non aver chi dopo sè lor mostri La via del bene (1).
   Chi la prende, guardi in tape* -e ai costumi della madre e a quelli dei parenti. Poi
   Una che ti sia ugual, teco si giunga (2);
   Tra bruttezza e beltà truovi una strada Dov'è gran turba; nè bella ne brutta, Chè non t'ha da spiacer, se non ti aggrada . . .
   /Sia di buon'aria, sia gentil, non dorma Con gli occhi aperti, chè più l'esser sciocca, D'ogni altra ria deformità, deforma . . .
   Di dieci anni o di dodici, se fai Per mio consigi o, sia di te minore'. Di pare o dì più età non la tur mai (3) . . ,
   Tolto che moglie avrai, lascia li nidi Degli altri, e sta sul tuo; chè qualche augello, Trovandol senza te non v s'annidi Falle carezze ed amala , . . Levale, per quanto puoi, l'occasione D'esser p . . . .; e pur s'avvien che sia, Almen ch'ella non sia per tua cagione (4);
   poiché, pur troppo, ve n'ha di quelle per le quali non c'è avvertenza che valga; e allora non resta che rassegnarci all'inevitabile.
   Ma anche qui, se togl: il cenno sul danno di chi muore lasciando de'biml in culla, niente v'è che accenni alle intime compiacenze del convivere, e del vedersi crescere intorno la giovine famiglia. L'Ariosto non poteva dare più di quanto il secolo suo gli permetteva.
   Fra gli altri non pochi e non um: J. poeti di questa età che hanno cantato g, affetti coniuga1', ìicordiamo dapprima G. di Tarsia e B. Ilota; e due donne: Vittoria Colonna e Veronica Gambara; per ultimo toccheremo di B. Tasso.
   Il Rota , anse in versi soavi la morte della sua Porzia Capece; eg . vuol tenerla sempre dentro di sè, e del proprio petto le vuol fare un sepolcro:
   Questo cor, questa mente e questo petto Sìa io tuo sepolcro, e non la tomba o'I sasso, Ch'io t'apparecchio qui dogi oso e lasso: Non s deve a te, donna, altro ricetto . . .
   Vantis pur la morte averti tolta Al mondo; a me non già, che a'pensier miei Viva sempre sarai, viva e sepolta (5).
   E con desiderio doloroso egli ricorda gl ultimi istanti di lei:
   (1) Ib.
   (2) Op. cit., 1, 174.
   (3) Ib., p. 175.
   (4) Ib., p. 177-8.
   (5) P. I, XII, 2231,