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Storia della Letteratura Italiana nel Secolo XVI

U.A. Canello
Francesco Vallardi Milano, 1880, pagine 327

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a cura di Federico Adamoli

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   capitolo Siii.
   male se è appetito di cose turpi e sconvenienti Narra poi un suo dialogo con un vecchio romito , il quale gli ha esposto la teoria dell' amor vero , che si risolve nell' amor di Dio. Amore è desiderio della bellezza immutabile ; la bellezza terrena non può e non dev' esaere che una scala per salire a riconoscere la bellezza eterna, il Dio. La vccchiaja quindi, come l'età che più non s lascia sviare dalle bellezze fallaci, c l'età più bella della vita ; anzi il vero ideale della vita è la morte, che ci mette in braccio della bellezza eterna.
   Così sono presentati tutti e tre gli aspetti principali di amore : prima come desiderio in generale; poi come desiderio regolato delle cose belle ; poi come desiderio della bellezza intrinseca, immutabile, come desiderio di D:o.
   Questo è in succinto il contenuto di questi celebri dialoghi, che sorti sotto l'influenza della scuola platonica di Firenze (dove il Bembo era vissuto da giovinetto), erano destinati a dar il tono quasi officiale dell'amor vero per le persone pi studio e cortesi non implicate negli impacci della vita famigliare.
   Il Castiglione, infatti, nel suo Cortigiano introduce il Bembo a novaraente esporre la teorica dell'amore puro ed elevato, nella considerazione del quale egli tanto Si trasfonde da uscir quasi di sè (1); e quest'amore puro e causa di noi ili compiacimenti consiglia Alessandro I iccolomini al suo giovane allievo nel libro nono della Istituzione, (prima edizione) definendolo u un desiderio di possedere » con perfetta unione l'animo bello della cosa amata (2) », in opposizione all'amor ferino che vuole unicamente il possesso del corpo.
   Ma se il Bembo e il Castiglione, sul principio del secolo, hanno l'aria di non conoscere altro amore lodevole oltre questo platonico , destinato a rimanere infecondo e a migliorare soltanto 1' individuo, il Piccolomini che dettava la sua Istituzione di tutta la vita dell'uomo nato nobile et in città Ubera nel 1540 (3), pur limitando i suoi insegnamenti al gentiluomo, s ricorda eh' egli ha e deve avere una famiglia e però tocca anche dell'amore sotto questo secondo rispetto. Ed c importante conoscere il suo pensiero.
   Il nostro autore, ne' suoi giovani anni u più per certo solazzo che per altra n più grave ragione (4), » avea scritto un Dialogo dove si ragiona della bella creanza della donne, ossia La Raffaella (5), nel quale s' introduce una vecchia scaltrita (Raffaella) a dare insegnamenti a una giovane sposa sua amica, Margarita, La vecchia nota giustamente che moglie e marito radamente s amano, u perchè » le mogli e i mariti s pigliano alla cieca, senza aversi mai veduti . . e questo » fare i parentadi così al bi iO è una cattiva usanza (6) »; onde accade che la povera Margarita , moglie da due anni, non ha avuto con sè in questo frattempo il marito, tutto immerso nelle proprie faccende, nemmeno quattro mes ; ed ora è soletta già da due: sicché non può amarlo. D' altra parte Raffaella mette per le donne giustamente il dilemma, che bisogna o amare da giovani, eh' è un peccato da andarsene coli' acqua benedetta, o vivere disperate da vecchie per non poter più amare e per non averlo fatto in gioventù; dunque Margarita ami, si renda amabile e sappia scegliere la persona che più le convenga. Margarita che sulle prime si sgomentava e negava, comincia a pigliar gusto alla lezione, e impara il modo d' vestire leggiadramente; di tener morbida e delicata e pulita la
   (1) Libro IV. Nel libro III Giuliano de'Medici sostiene che gli amoregsiamenti sieno leciti solo alle non maritale, poiché l'amore che non può terminare in matrimonio, può dar sempre taccia di disonestà. Alle mal maritate concede di amare con l'animo.
   (z) Cap. 3.
   (3) Abbiamo sott' occhio la seconda edizione della prima redazione, fatta a Venezia nel 1552. La prima e del 1512.
   ^4) Della istituzione ecc. Dedica.
   (5) Abbiamo sott' occhio la ristampa procurata dal Fanfani ; Firenze, 1862. Nel secolo XVI se n'ebbero ben sei edizioni, la prima delle quali è del 1539 c va sotto il nome dello Stordito Intronato.
   (6) Pag. 111.