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Storia della Letteratura Italiana nel Secolo XVI

U.A. Canello
Francesco Vallardi Milano, 1880, pagine 327

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   la scienza dell'amore.
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   i quali scriviamo conformando il nostro giudizio specialmente al valore del contenuto, pare cosa meschina. Più notevole ci sembra invece un altro 1 bretto- del Gasa stesso De ojfieiis inter potentiores et tenuiores amicos, ch'è una specie di filosofìa de'rapporti tra superior' ed inferiori, dove toccando di quelli tra padroni e serv ., rimpiange, come farà più tardi anche il Tasso nel Padre di famiglia, l'antica servitù iegale, riconoscendo che la natura procrea veramente alcuni per servire ed alti, per comandare; e la legge deve sancire il fatto di natura, Tutta l'operetta poi è ispirata ad un utilitarismo ben inteso, che non esclude, anzi coinvolge la più r igorosa onestà.
   Ricordiamo poi anche il libro del Dolce, Della instituzione della donna (Ven. 1547) e quello di O. Lombardelli, Degli vffi( i e costumi de'g iovani (Siena, 1584).
   e leggi del buon vivere nella società più eletta, o sui gradii.,, del trono, furono corcate ed es oste da parecchi nel cinquecento, tra i quab' primeggia ed ha fama ancor verde aldassare Castiglione per il suo Cortegiano (1518), dove si dà l'idea di quello che secondo l'autore avrebbe dovuto essere il vero uomo di corte e la donna di palazzo. La scena del dialogo è messa ad Urbino, vale a dire alla corte più gentile e più splendida d'Italia, prima che nel 1508 si spegnesse l'ultimo dei Montefeltro.
   Ma ben presto le corti patriarca! del secolo XV e del principio del secolo XVI decadono; il principe si fa assoluto, e vuole intorno a sè non cortigiani del vecchio stampo, cioè amici ed ajutanti, ma fidi sarv;tori; e dai letterati e studiosi che lo circondano, poiché non se ne serve più negli alfari, pretende il continuo solletico dell'adulazi ne.
   L'arte di adulare i principi, e particolarmente d.' tenerli allegri con ogni sorte ai baje fu spiegata dal filosofo Nifo, nel suo De re aulica: libro pieno di finezza e di spirito; l'arte di far fortuna alla corte di Roma ebbe il suo espositore nel Commendone (Sul dea cars\ al servizio della corte di Poma); e quella di servire in tutte le evenienze un principe qualunque fu trattata dal genovese De Grimaldi, nei Discorsi nei gitali s. ragiona compiutamente di quanto far debbono i gentiluomini ne'servizi dx'loro signori per acquistars leqraz'e loro (Genova, 1543) (1).
   Che più? lo stesso Tasso, che sotto più aspetti aveva esaminato l'argomento della cortesìa e della nobiltà che a corte s'acquista e si richiede (2), u in questi u tempi, in cui Infingere è una delle maggiori virtù », consiglia a chi vuol essere cortigiano di avvezzarsi a simulare (3).
   I duelli e le paci che di frequente si facevano tra i gentiluomini diedero pur materia a numerosi trattati e d'scorsj Scrissero del duello, svolgendone le ragioni e la legislazione, prima Andrea Alciato, il celebre jureconsulto (1544), e dietro a lui il Muzio (Ven. 1548 , il Pigna (1554), Fausto da Longiano (1552), P. D. Attendolo (1560) e infine P. Torelli (1569). Lo osteggiarono invece come cosa inen le e anticristiana il Susio (1555), A. Massa (1552), G. B. Possevino e B. Bernardi (1562).
   Del comporre inimicizie scissero poi Rinaldo Corso Delle private rappacificazioni, Correggio, 1555) e Fabio Albergat (Trattato del modo di ridurre a pace le inim ciz 'e private,• 1558).
   (1) G-. Ferrari, Corso sugli scrittori politici italiani; lez. XIV.
   (2) Nel Forno primo e Forno secondo, nel dialogo Bella dignità e in quello Della Cortesia.
   (3) Il Malpiglio o Delle Corti (1582-3).