l'arte letteraria e le relative teoriche. 303
Questo capitolo pertanto andrà diviso in due paragrafi, destinato il primo alla storia e alle teoriche dell'arte letteraria, destinato il secondo alla storia c alle teoriche della lingua.
§ 1. — L'arte letteraria e le relative teoriche.
Le forme letterarie, sia della poesia che della scienza, tendono tutte nel cinquecento a restringere, a regolarsi e a intimamente organars. Fu detto e ripetuto che la causa di questa tendenza sia stata l'ammirazione c;eca dei modelli latini e greci, e la conseguente imitazione; tanto che l'imitazione degli antichi e la osservanza rigorosa delle leggi artistiche da loro escogitate furono date come il carattere fondamentale degli scrittori di questa età.
Ma chi giudica così, guarda solo la superficie, non l'intima natura del fatto, o si lascia ingannare dalle professioni teoriche e dalla pratica de'inediocri. Noi abbiamo già mostrato, discorrendo delle evoluzioni delle forme drammatiche in questo secolo (1), che la loro intima ragione cousj steva non già in una deliberata e cieca imitazione degli antich' , ma nella trasformazione del contenuto ideale del dramma, il quale di trascendente si faceva umano, di eslege si faceva ligio alle norme della ragione. La tendenza a voler intendere il perchè d( fatti umani, senza ricorrere all'ipotesi di continue ingerenze soprannaturali, persuadeva i nostri poet a determinare d'ogni singolo fatto i confina il principio, il mezzo, la soluzione, e le intime forse che v'erano in gioco, vale a dire i caratteri nelle diverse contigenze della vita.
E ciò che vedemmo chiaramente essere avvenuto nel dramma, non meno eh aro si vede nello svolgimento dell'epica. Il secolo deeimoquinto si eh tdeva ufatti mostrandoci come a vanto un esordio epico di propors 3ni ndeterininabili nelle Stanze del Poliziano; un saporito pasticcio eroicomico nel Morgante pulcesco; e un m-mensa orditura di romanzi e di poemi alla meglio intrecciati nell'Innamorato del Bojardo.
All'Ariosto piace quel mondo grandioso e sulle prime ci l'accetta tal quale, e vuol compiere la grande tela dell 'Innamorato. Ma un serio concetto lo incalza e a quel concetto egli tenta informare quella materia quas ancora caotica. L'Ariosto pensa all' Iliade, ha dinanzi 1 Eneide, e, senza chiaramente proporsi d'in tarle, ne risente la benigna .ifluenza. Il suo Furioso non è ancora la compassata ed armonica creazione del genio greco-latino, ma non è più nemmeno la capi jciosa agglomerazione di fari , umani e sovraumani che caratterizza il romanzo medioevale• egli non scrive ancora un poema, ma nemmeno un romanzo: egi scrive un poema romanzesco.
I pedana e i mediocri vogliono superarlo; e credono di riuscirci i calcando servilmente il poema d'Omero in materia storica ta !ana, come fa il Trissino, o in materia mitica bretone, come fa l'Alamanni.
Ma ecco sorgere il Tasso, che considera il problema sotto il rispetto dell'un à organica, degli ornamenti accessori, e della convenienza del poema coi tempi e coi luoghi in cui sorge; s mostra quindi al tempo stesso ammiratore sincero e giudice non troppo facile dell'Ariosto; e fornito di natura poetica più che mediocre, nella prima e nella seconda Gerusalenme, segna chiaramente il cammino del genio italiano alla ricerca di nuove forme poetiche, le quali congiungano all'imitazione delle an tiche classiche la stretta convenienza colle nuove condizioni della vita e del pensiero italiano.
E ciò che è avvenuto nel poema, avviene pur nel romanzo. Mentre Bernardo Tasso esagera nel! Amadigi il metodo episodico dell'Ariosto, l'Alamanni tiene una
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