l'arte letteraria e le relative teoriche. 309
azione cantata dall'Ariosto (1) ». A lui pareva che ad ogr modo si potesse vedere u una almen larga un» à d'azione nell' Orlando Furioso (2) » ¦ e però non concedeva lo si relegasse tra i caoto romanzi.
Il Tasso rispose a tutti c tre i suoi oppositori; ma in particolare s'occupò a ribattere le accuse dell'accademia fiorentina; ciò ch'ego fece nell'Apologia.
Con quella furberia goffa, eh'è propria degl'ingenui, egli si diede l'aria d non voler quasi parlare di sè, ma solo difendere la fama del padre: e però cominciava col mostrare come YAmadigi fosse il non plus ultra del genere romanzesco, avendo Bernardo sp;nto al grado estremo la presunta facoltà dc'romanza-tori di moltiplicare il numero delle anioni e come non fosse vero che YAmadigi di Bernardo fosse una semplice traduzione dell' Amadis spagnuolo; e eonchiudcva col preferire molte parti dell'opera di suo padre al Furioso, ariostco. Si difendeva poi alla meglio rispetto alle accuse mosse alla Gerusalemme, e ritornando alla questione dell'unità della favola nel Furioso, diceva di far sua un'opinione del Mazzoni, secondo il quale nel Furioso le azioni sarebbero due, costituita l'una dalla guerra intorno a Parigi, l'altra dalla guerra mtorno a Biserta.
Il battibecco non s fermò qui; che l'Infarnato diede fuori una seconda stacciata, mettendo meglio n evidenza il modo in cui egli conccpva l'unità del Furioso, la quale (egl' diceva) consi; te nell'esporro solo una parte, e la parte principale, della guerra fra Carlo ed Agramante; replicò pure il Pellegrino, al quale di nuovo rispose il Sab *at?. Altri s nterposero ; e la disputa s: prolungò oltre la fine del secolo.
Una cosa per no' è specialmente notevole nello svolgimento d cotesta qui-stione: il passare che fanno quasi tutti i sostenitori dell'Ariosto nel campo aristotelico, abbandonando la teoria del Pigna e del Griraldi che al romanzo assegnava leggi sue proprie. Il concetto che ogn composiz one poetica debba avere una sua organica unità è ormai accettato quasi da tutti. Neil' epopea come nel dramma, il movimento razionale degli spirit ha portato i necessari suoi frutti.
Sotto un altro aspetto fu riguardata la questione dell' epopea dagl studiosi ammiratori di Dante e da'suoi detrattori.
. La fama del divino poema veniva crescendo coll'avanzare del secolo; e doveva il proprio incremento al riprevalere delle credenze religiose a cu esso specialmente s'I pira. Infatti tra i ci stiani platonegg anti della seconda metà del secolo XV a Firenze avea trovato entusiastiche accog enze il Lane no col suo preg'ato commento.
Nel secolo XVI e propriamente dal 1502 al 1595 si contano ben nove edizioni della Divina commedia, tra le quali ricorderemo l'aldina del 1502, quella del 1544 col commento del Vellutello, quella del 1568 col commento del Daniello, e quella del 1595 procurata dall'Accademia della Crusca: abbondanza chc si farà più manifesta quando avremo soggiunto che i secolo XVII non diede nessuna altra ed' one degna di nota; e che nel secolo XVI, oltre i citati Vellutello e Daniello, comentarono o postillarono il divino poema il Dolce, il Castelvetro, T. Tasso, il Benivieni, il Giannotti, il Griambulla il Beccadelìi, lo Speroni, il Corbinel! , il Cittadini ed altr> ancora (3).
I Fiorent ni furono tra più focos nel ravvivare la fama del loro poeta. Cornine iò in questo secolo a parlarne con xsoi te lodi il Griambullari ; e il Varchi nell' Ercolano non dubitò di proporlo ad Omero. Ma gli si opposero ;un Ca-
(1) T. Tasso, Opere, V, 437. — Un'opinione consimile era stata emessa^dal Minturno, nel libro primo della sua Poetica, dove, esposta la favola dell' Iliade, si mostra come l'Ariosto avrebbe potuto facilmente, volendo, assegnare nel suo Furioso il posto e la parte che nell'Iliade ha Vira d'Achille, aU'amoioso furore d'Orlando; ma che l'Ariosto non ha voluto ciò fare, preoccupato dell'idea di cantare specialmente Ruggero (Pag. 28 dell'ediz. napoletana del 1725),
(2) Ib.
(3) Si vegga il Ferrazzi. Manuale dantesco, II, 396.