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Storia della Letteratura Italiana nel Secolo XVI

U.A. Canello
Francesco Vallardi Milano, 1880, pagine 327

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a cura di Federico Adamoli

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   l'arte letteraria e le relative teoriche. 311
   Nè poi le forme ritmiche consacrate dal Petrarca parevano più sufficienti a cinquecentisti, chc aveano 1' orecchio pieno de' i Uni greci e latini e mentre alcuni tentavano vers. c dod.. sillabe come Alessandro De'Pazzi nella L clone, di tredici come F. Patii: ' nel poemetto YEridano, d sed'ci collo sdrucciolo come L. Alamanni nella Flora, il Tolomei, innovando le prove di Leonbattista Alberti, volle riprodurre in toscano il numero degli esametri e dei pentametri la', ni, e parecchi sagg: suoi e deg ara ii im ;atori eg. diede fuori nel 1539 col titolo Veri '' e regole della poei a nuova. La sua novità consisteva nel cons. lerar come lunga la sillaba accontata, e come breve l'atona, mentre più tardi il ]\i*nturno nella sua Poetica (1) proponeva (ma a torto, noi crediamo) d'imitar ancora più dappresso la prosodia lat ìa, confc derando come lunga qualunque vocale seguita la più consonanti, o già lunga per natura nel lai io.
   Lo studio delle forme liriche fu ridestato anche dalla pubblicatone fatta nel 1529 del libretto dantesco Della volgare eloquenza, dove è data una diffusa teorica sulla natura della canzone; e qualche poco anche dalla famigerata canzone del Caro in lode de'llcaJi d Francia e di Casa Farnese. — Ci basterà qui ricordare il dialogo di T. Tasso intitolato La Cavalletta, o della poesia toscana (1584), nel quale si esamina e in parte si combatte la teorica dantesca sulla struttura della canzone, e si dà una compiuta teorica del sonetto, che il Tasso, d'accordo con A. Da Tempo, con - dera come una s'anza tipica. Conchiude il poeta coll'esor-tare i moderni lirici a fars nuovi Tirtei nelle guerre tra gli stati cristiar' o meglio ancora in quelle che s'imprendessero contro gl'Infedeli.
   L'arte drammatica, s scome ebbe meno felici cultori, ebbe anche più scarsi e meno felici teorie speciali.
   Il Griraldi (Giovanbattista) fu il pi mo che ne scrivesse in una sua lettera sul modo d' comporre tragedia e comedie (1553), che fu stampata nel 1554 insieme col suo discorso sull'arte di coro orre romanci. Tutto preoccupato dalle sue opere drammatiche, egl cerca di conci are la teorica aristotelica colla prat' :a propria. Non presci ve una troppa ì gorosa unità di tempo; e consiglia contro il parere d'Aristotile, il dramma con esito felice, che al pubblico piace meglio de a tragedia, pura.
   Agostino Michele veneziano poi sci, ss e un Discorso in cui si dimostra, come si possano scrivere lodevolmente le Commedie e le Tragedie in prosa (Venezia, 1592), mentre altii le volevano sempre in verfi.; e in fine Ai ,elo Ingegner; pubblicava un discorso Sulla voesi i rappresentativa (Ferrara, 159! , in cui si dibatte in ispeeie la questione del dramma pastorale, sollevata del Pastor fido del Guarini, contro il quale si mostra assa severo.
   Gioverà poi ricordare che fra i trattatisti di poetica generale s'occuparono con attenzione speciale del teatro il Trissino, 1 M iturno e meglio di tutti il Castelve-tro nel suo commento alla Poet'aa aristotelica, dove sulla tragedia sono osserva-ziom che rivelano acume e dottrina straordinari benché non attingano sempre quella semplice verità che doveva avere due secoli dopo nel Lessing il suo in er-prete più sicuro.
   Espost i principali pensament de'c ìquecentisti sull'arte poetica e sulla poesia, ci resta a fare una raj- da rassegna degli autori che hanno trattato in generalo di retorica, o della retorica hanno svolto qualche parte speciale.
   Quasi tutti gì, autori di Poetiche da noi ricordati hanno dedicato una parte delle loro opere alla elocuzione, dando così, quasi in via di supplemento, un trat-tatollo di retoi ca.
   Ma una retorica compiuta e autorevolissima aveano tutti dinanzi a sè, quella
   (1) Libro secondo, a pag. W9, della citata ^diz. napoletana del 172 5.