Li A LINGUA E LE RELATIVE MISTIONI. 31 3
decisamente il gran moto del rinascimento, è anche il primo che, spogliate quasi del tutto le rozze vesti del bassolatino, tenti assurgere alla purezza ed eleganza degli antichi. L'Alberti, il Poliziano, il Valla, il Puntano proseguirono per quella via e trattarono il buon latino non solo con Sicurezza, ma quasi con quel briu proprio delle lingue che immediatamente vengono attinte alla fonte della viva parlata.
II cinquecento non fece chc compiere ciò chc il quattrocento aveva tanto bene avv ato; esso meglio distinse le varie età del latino, seppe far differenza tra il linguaggio della prosa e quello della poesia, e tra quello degli scrittori divers ; e tanto s'addentrò nelle ragioni di quella lingua da poter crear voci, nuove che anche agli orecchi più scili ri non paressero indegne di Virgilio e di Cicerone (1).
L'eloquenza latina ebbe in quest'età numero'!, dotti ed eleganti maestri nelle scuole pubbliche e nelle private; ricordiamo i nomi di Filippo Beroaldo juniorc bibliotecari.) dì Leon X ed elegante cantore dei vezzi d'Imperia e di parecchie altre etere urbane; Romolo Amaseo, ud'iese, chc professò lungamente a Bologna; Lazzaro Buonan ci, bassanese, professore a Padova; Batista Egnazio, che insegnò a Venezia, dove succedette al Sabellico; Quinto Mario Corrado, napoletano, autore d'un trattato sulla lingua latina e d'un altro sulla ricchezza del latino stesso; Aulo Jano Parrasio (Pant'i), cosentino, illustratore di molti luoghi oscur negli scrittori classici (De rebus per epìsiolaon quaesitis); M. A. Majoragio, che professò a Milano; Mario Nizzoli, professore a Parma, e autore del celebrato Tesoro ciceroniano (1535); Pietro Vettori, fiorentino, il più acuto c il più dotto di tutti, celebre specialmente per i commenti alle opere d'Aristotile e perle Varie lezioni; e infine B. Ricci da Lugo, il cardinal Adriano da Corncto, Giovita Rapicio (Ravizza) bresciano, Celio Secondo Curione c altri parecchi di fama minore.
Mentre questi ed altri o interpretavano gli antichi scrittori e ne spiegavano la ragione poetica e sciem fica, o fermavano le leggi del bene scrivere latino, c del latino scrivevano con calore le lodi, altri poeti e scicn: iati innalzavano il pregio del latino coi loro scroti in prosa c in verso; c il Bembo, il Sannazaro, il Sado-leto, il Fracastoro, il Vida, il Flaminio si pensavano di far rivivere nell'Italia del cinquecento le armonie ritmiche di Catullo, di Tibullo, d'Orazio e di VirgiLo; ed essi stossi insieme col Giovio, col Bonfadio, col Foglietta e con altri parecchi nella prosa delle lettere officiali o delia storia o del trattato scientifico gareggiavano con C icerone e con Livio.
La lingua latina, col suo centro storico a Roma c col suo campo estesissimo che abbracciava tutta la rinascente Europa, parca fatta apposta per ridiventare la lingua officiale dell impero rinnovato da Carlo V, e destinata a rannodare negl intendimenti gli allòfoni germani coi romani abitanti d'Italia e di Spagna. Nel latino poi, ch'era la 1. igua della coltura universale, nella quale primeggiavano gl'Italiani, pareva a ques d'aver quas un giusto compenso alla loro umiliazione poi' tica.
Naturale quindi chc nel 1529 a Bologna, tra le feste per Pincoronazione di Carlo V, si facesse sentire la voce solenne di Romolo Amaseo per sostenere che solo il latino dovesse essere la lingua del governo e dei rapporti intellettuali fra i migliori, mentre al volgo poteva bastare il suo volgare; ed è naturale chc alla sua parola ispirata facessero eco Pier Angelio da Barga, Celio Calcagnine, B. Ricci c il dotto Sigonio.
Ma, come avemmo a notare nel primo capitolo (pag. 8 e segg.), l'Mea-mpeiiale risorta c riattivata in Ita/a a danno delle indipendenze parzial c locali contribu'va potentemente a ridestare l'idea unitaria c quindi l'idea nazionale; essa, soffocando i municipi italiani, faceva rinascere la nazione italiana.
Ora, la parola seconda l'idea, le lingue secondano le sorti delle nazioni che le adoperano; e questo nuovo atteggiamento politico d'Italia dovea determinare un nuovo atteggiamento della sua lingua.
(1) Tale silvicomus fatto sullo stampo di aitricomus, ecc. Ganei.i.o.
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