La lingua e le relative quistioni.
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vente fiorentino, ma di voler attenersi all' uso dello coru, trascegliendo le locuzioni chiare e belle dove le trova, e belle giudicando quelle che meglio delle corrispondenti toscane : iflettesscro il tipo latino. La questione della lingua v'è poi sollevata e discussa nel primo libro, dove il Magnifico Giuliano de'Medici difende i diritti del fiorentino vivente; e per bocca del genovese Fregoso gli è fatta la obbiezione fondamentale chc il fiorentino o il toscano attuale non continui la lingua dc'grandi scritto.1 antichi, ma si i tornato semplice dialetto: u E voi altri, ignori u toscani, dovreste rinnovar la vostra 1 igua, e non lasciarla perire come fate, u che ormai si può dire che minor notizia se ne abbia in Fiorenza, che in molti u altri luogb dell'Italia » (1). Sorge poi il Canossa ad esporre tutta una teorica sulla natura della lingua nostra: il volgare, egli dice, ò lingua relativamente nuova, nata dal latino corrotto per opera de'Barbari. Del buon grano latino e della buona grammai 3a n'è rimasto più in Toscana che altrove; ma pur c'è altrove qualcosa di ciò che la Toscana ha perduto; e il volgare italiano se lo deve riprendere di buon dritto. E non solo alle parlate d'Italia tutta la lingua comune deve opportunamente attingere; ella può accettare anche alcuni neologie mi, ormai fatti comuni, venutici di Francia e di Spagna. Essa poi ha facoltà di crears di continuo traslati nuori colle parole vccclne, di cercarsi anche parole nuove secondo 1' aualogia e di atengerne al latino. Che se questa lingua cosi composta u non u sarà pura toscana antica, sarebbe italiana, comune, copiosa, e varia, e quasi ce come un delizioso giardino, pien di diversi fiori e frutti (2) ». E seguita poi con una osservazione, che molto opportunamente fu ripetuta di fresco da un nostro insigne glottologo: che, cioè, l'essenziale per scriver bene è il pensare e saper bene; e che quindi il rinnovamento della lingua non ha da venire dagl'ignoranti, ma da chi sa e pensa e fa le cose nuove, e all'opera propria impone anche il nome suo proprio.
Il Cori egiano del Castiglione, benché stampato solo nel 1528, correva già per le mani di molti, quando i1 Trissino portò la quesi onc della lingua sopra un altro e p.ù scabroso terreno, quello della fonetica, dove il dissidio fra il toscano (o il fiorentino) e il cortigiano o taliano comune era molto più profondo che non rispetto al lessico o alla fraseologia.
Nel 1524 il Ti ssino, chc già da tempo ver. va preparando la sua no\ tà, stampò un 'Epiatola delle lettere nuovamente aggiunte ne i lingua italiana, indirizzata a Clemente VII. In essa egl proponeva di d'stingucre graficamente l'è stretta dalla aperta, segnando e la prima, s la seconda, e cosi l'o stretto dall'aperto, segnando o semplice 1 primo, w il secondo; riserbando il segno italiano dello z alla zeta forte, voleva segnare la dolce (razzo, grezzo ecc.) con ?; proponeva s; distinguesse sempre tra u e v, tra i e j, e nfine tra s ed /i
Ma queste novità ortografiche non furono quelle che più turbarono gli animi de: Toscani Lo scabroso consisteva nel crite.ic col quale il Trissino intendeva determinare quando certi e c cert o dovessero proferirs chiusi, e quando aperti. Chi faceva autorità nei casi di discordia tra Firenze e le corti d'Italia, o tra Firenze e le città toscane? S'avea da badare ai Fiorentini, o ai cortigiani, o ai colti „aliani? Il Trissino nel titolo della sua Epistola parlava di lin ua italiana; e nel determinar poi la pronuncia di questa bngua italiana, dichiarava di partirci in molti vocaboli dall'uso fiorentino per attenersi all'uso cortigiano, secondo
(1) Pag. 51 dell'edizione di Padova, 1716.
(2) Pag. 55 dell'edizione citata. — Il Castiglione oiasima i Fiorentii • sti di dire Campidoglio per Capitolio, Girolamo per Hieronimo, aldace per ai'dace, padrone per patrone (lat. patronas), soddisfatto per satisfatto, orrevole per onorevole, ragione per causa, popolo per popido (pag. 56 e 61) ; rimprovera , cioè, ai Toscani quelle voci in cui , di fronte al parlar delle corti e degli stessi dialetti volgar dell'Alta Italia, essi si scostano dal tipo latino. L'uso ha dato ragione ai Fiorentinisti in tre di questi casi, in due (audace, onorevole) ha dato ragione alla scuola del Castiglione, e in due altri à rimasto ancora indeterminato.