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Storia della Letteratura Italiana nel Secolo XVI

U.A. Canello
Francesco Vallardi Milano, 1880, pagine 327

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   la lingua e le relative quistioni.
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   per un popolo intero. Il Trissino ha sentito fino a un certo punto questa difficoltà, e fino a un certo punto la schiva dicendo che eotesta lingua italiana comune si ottiene » rimovendo le differenti pronuncie, modi di dire e vocaboli ti che sono tra
   i parlari delle provincie italiane (1). Rimovendo, in fatti, le differen>. pronuncie, non solo de'vocaboli sostanzialmente identici, ma di tutti in genere quelli che sembrino riducibili al tipo fiorentino già fissato per opera degli scrittori nella lingua italiana, si può avere questa lingua comune, ch'egli andava cercando, e che i Fiorentini dicevano non esistente.
   La sentenza del Tr:~ .no non mancò di convinti e valorosi fautori, tra i quali ricorderemo solo i due più importanti, che sono il Muzio e il Persio, l'uno nato a Padova di famiglia istriana, l'altro nell'estrema Cosenza.
   Gerolamo Muzio, o com'egli voleva esser detto 'n lingua e ortografia italiana tìieronimo Mutio, inclinava puma a credere e a chiamare toscana la lingua comune degl'Italie,ni, e toscana rfatt la disse in una lettera del 1537 diretta al Cesano e al Cavalcanti, nella quale acremente criticava la mgua del Machiavelli, tutta infetta, secondo lui, d'id ot. mi, e lodava invece quella tutta eletta del Boccaccio (2). Quando poi gii venne sottocchio il dialogo del Tolomei intitolato il Cesano, nel quale s sosteneva chc la lingua nostra fosse e si dovesse chiamare toscana anziché italiana o fiorentina, egb meglio considerata la questione, apertamente si schierò coi fautori della sentenza trissiniana (31, nella quale più saldamente si confortò, quando vide combattute alcune sue opinion dal Varchi, nell'i?!colano, dove avoano trovato il loro rappresentante le pretese più spiccate del municipalismo fiorentino. All'Ercolano egli rispose con una Varchina (4), dove, oltre molti appunti alla 1 ngua del Varch stesso, e del Guicciardin e del Ruscelli ,, è disegnata tutta UDa teorica della nostra lingua, movendo dalla giustissima sentenza
   ii che dagl scrittori ? ha da prendere la forma et la regola del dire, et non dal n vulgo quella dello scrivere ». Ma dove prenderanno gli scrittori la loio lingua? ii Io vo (agli dice) et dagli scrittori et dalle rcg.on et dalle città racco» gliendo quelle parole et quelle maniere di dire, che ad una lingua, la quale de» gna si.i di portare il nome di tutta Italia, ri convengano (5) ». Egli del resto non parla che del less co; e del fiorentino specialmente il lessico combatte, protestando di non voler più saperne di guari, testi, cliente, appo, huopo, eglino, elleno, altresì, mogliema, allhotta, suto, ecc. Sulla fonetica o sulla morfologia non ha nulla da dire e tacitamente le accetta.
   Ascanio Persio, infine, in un Discorso intorno alla conformità della lingua italiana con le più nobi1 antiche lingue e principalmente con la greca, edito a Venezia nel 1592, diede un saggio d'un ampio lavoro, in cui voleva notare e trascegliere il buono e il meglio di tutti i dialet „ provincia. , per arricchirne la lingua comune che mei ;amente allora i direbbe italiana. Con retto senso storico ammette come fonte ville sale dei volgari italiani il latino; e solo come fonti secondarie il greco e le lingue semitiche. Nota le esageraz ani del Périon e di H. Estienne che aveano voluto trovare troppo greco nel loro francese ; e si sofferma
   (1) Op. cit., p. £31
   (2) Battaglie, ecc. ; Venezia, 1582.
   (3) In una lettera del 1552 circa a R. Trivulzio, riprodotta nelle Battaglia.
   (4) Cominciata a scrivere nel 1572, due anni dopo ch'era uscito VErcolano-, ma pubblicata solo dopo la morte dell'autore nel 1582. — Qui poi gioverà chiarire la cronologia degli scritti linguistici del Muzio, che molti autori ha confusi. La Varchina fu cominciata due anni e mesi dopo l'edizione principe dell 'Ercolano del Varchi, vale a dire nel 1572 {Battaglie, p. 21): e fu terminata nel 1574, quando l'autore aveva settantotto anni (Battaglie, p. 119). La lettera a Domenico Venier, nella quale discorre della recente edizione del Corbaccio, è di pochi giorni anteriore al proemio della Varchina (Battaglie, p. 23); e in questa lettera ò detto che gik da venti anni sono uscite in istampa due sue lettere, una al Cesano e al Cavalcanti e un'altra a R. Trivulzio [Battaglie, p. 22). D'altra parte nel cap. XVII della Varchina egli, citando un frammento della lettera al Cesano e al Cavalcanti, la dice vecchia di ben trentasei anni (Battaglie, p. 79), vale a dire del 1536-8.
   (5) Battaglie, p. 36.
   Canki.lo. 41