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capitolo xiv.
fico trissiniano ne contrappone un altro presunto migliore, e soprattutto accusa il Trissino di aver rubata l'idea della riforma all'accademia sancsc, e concbiudc col biasimarlo per aver voluto, egli non toscano, tentare novità siffatta, mentre ossi, accademici c toscani, per amore del quieto vivere, avevano lasciato dormire la loro novità.
Più tardi si mosse auclie Claudio Tolomci (che molti credevano il vero autore (1) del libro attribuito al Franci), che ne] Cesavo, compiuto già nel 1531 (2), sebbene edito solo nel 1555, cercava, contempcrando lo pretese dei Fiorentini con quelle di tutta Italia, di far 1 interesse dei Toscani, vale a dire , folta di mezzo la pretesa ci Firenze) quello di Siena sua patria. Il discorso principale del dialogo è messo in bocca a Gabriele Cesano da Pisa, il quale, sentita '.'opinione del Bembo che la nostra lingua chiamava volgare, quella del Trissino che la voleva italiana, quella del Castiglione chc la faceva cortigiana, e quella di Alessandro De' Pazzi che la voleva fiorentina, prende in generale a difendere la lingua nostra in confronto del latino, e sostiene clic, come il latino ebbe il nome dal Lazio e non da Roma, così la nuova lingua debba averlo dalla Toscana e non da Firenze.
In quel torno di tempo fu scritto anche un Discorso, ovvero dialogo in cui si esamina, se la lingua in cui scrissero Dante, il Boccaccio e il Petrarca si debba chiamar italiana, toscana, o fiorentina, di autore gnoto (3), il quale vi fa duramente la lezione a Dante per avere negato essere il fiorentino la buona lingua degli scrittori italiani, e d'aver scritto egli stesso in fiorentino; afferma a buon dritto chc i curiali e gli scrittori d'Italia hanno appreso la loro lingua dagl scrittori fiorentini, e che i non fiorentini, quando hanno a dir cosa nuova, o accattano la vocc da Firenze, o, usandone una propria, la vestono alla fiorentina; e però fiorentina essere e doversi chiamare questa lingua.
Del fiorentinismo si f<.cc po', difensore ad oltranza anche il Giambullari, nel Gello, ovvero Origine della lingua fiorentina (1545), dove con erudizione di pessima lega, accattata cioè da Annio da Viterbo e da Giovanni Lucido, vuol dimostrare 1' identità di Giano con Noè, e quindi 1' intima affinità dell'etrusco col-11 aranieo: onde prende motivo a trovar l'etimologia del fiorentino e del toscano nei linguaggi semitici. Ne traccia quindi a suo modo la storia, e viene a conchiudere chc la lingua fiorentina u è composta di etrusco ani :co, di greco, di la' no, v di tedesco, di francese et di qualcuno altre simili a queste n.
Ma il sostenitore, non diremo più autorevole, bensì . più persuaso d' avere autorità, delle pretese fiorentine fu Benedetto Varchi nel suo dialogo dell'Eicolano, composto verso il 1560 (4), ma edito solo dicci anni dopo, e detto così per esservi il conte Cesare Ercolani da Bologna 1 contradditore del Varchi e tiepido sostenitore della parte avversaria italiana ('). Il Dialogo e avviso n dieci ques oni
(1) Il Varchi attribuisce il Polito al Tulomei nel suo Eresiano (voL II, 331, dell'edizione che citiamo più innanzi).
(2; Tiraboschi, Storia dèlia lett. il., VII, 1806.
(3) Quest'ignoto, che da alcuni fu reputato il Machiavelli, chiama recente la disputa per il nome della liugua, né la menzione di alcuno fra i più celebri scrittori che vi presero parte; e poiché egli dice che Firenze era, mentr'egli scriveva, in istato felice e d'altra parte egli bistratta Dante per aver messo Bruto in bocca a Lucifero; si è inclinati a mettere la composizione del Discorso nel 1521, poco dopo recuperata la libertà fiorentina, ciò elle vien confermato dal citar egli i Suppositi come opera d' uno degli Ariosti di Ferrara, maniera non pensabile in un tempo in cui la fama di Lodovico fosse più diffusa. Siccome poi il Tolomei nel Cesano affida le ragioni dei Fiorentini ad Ales. de'Pazzi,parrebbe lecito supporre che a codesto Alessandro spettasse veramente il Discorso.
(4) Ciò ó affermato nel Dialogo stesso (Quest. V) ; ma il Castelvetro sostiene colla testimonianza d^llo Stradino c di altri che la composizione primitiva è più antica di forse un dieci anni. Vedi la Correzione d'alcuno cose ecc., p. 85.
(5) Abbiamo sott'occbio l'edizione di Milano, 1804 (tipografia de'Classici) in due volumi, che sono il 6.° e 7.° delle opere complete del Varchi. Nel secondo volume è soggiunto il Dialogo già ricordato dell'anonimo.