la lingua e le relative quistioni. 327
italiana, come già accanto al volgare latino s'era costituito il latino classico. Ora poi i grammatici gli hanno dato regole e l'hanno liberato dalla capricciosa varietà c pronunc ì che dorm-ia nelle città di Toscana; ed è parlato e scritto bene da' letterati, specialmente in Roma u dov'è il fiore di tutte le lingue .taliane (1) ». Rispetto alla question del nome, egli dice che il suo propi io, specialmente riguardando le origx. li, sarebbe quello di volgare. Fra gli altri che s.. disputano il campo, il meno improprie gli pare quello di toscano.
Un altro passo fece fare il Cittadini, alcuni anni dopo, alla questione della lingua nelle Origini della volgar toscana favella, dove, pijlu.ndo a studiare la ragione della pronuncia ora stretta ed ora larga dell'e e dell'o, vune a determinare i diversi strati successi vi di cui risulta la lingua nostra letteraria, mostrando come questi d persi strati abbiano origli, e legg diverse, e devano essere adoperati da persone e in casi diversi. Ma e questo libro, e uno studio del Cittadini sui diletti toscan , non possono esser qui esaminati per disteso, giacché appartengono a un peimdo della letteratura che non ò quello da no preso a trattare.
Conchiuderemo osservando che l'indicizzo scientifico, che a queste ricerche aveano dato il Castelvetro, il Sali ati e meg-.o ancora il Cittadini, fu ben presto quas. del tutto abbandonato; e la Crusca spadroneggiò per quas' due secoli nel grande affar della lingua, adoperandovi criteri sempre più meschini e ì stretti, riuscendo a tenere il non difficile scettro fin tanto che la nostra letteratura, e in ispeeie la letteratura poetica, giacque nei pantani dove il Marini e poi l'Arcadia la condussero. Solo allorquando una nuova onda di pensieri ravvivò l'Italia tutta, movendo in ,specie di Francia, anche la questione della 1 igua fu risollevata, e l'autor:'oà della Crusca d scussa dal Cesarotti, dal Monti e dal Perticar!, che rivendicarono la verità della teorica dantesca e l'esistenza d'una lingua spettante a tutta Italia e da tutti gli Italiani costitu ia. A questa scuola, che parve segnare per la lingua nostra un ottantanove, si opposero p.ima i purist pi della scuola del Cesari, poi quelli della scuola del Puoti, poi gli ultimi della scuola neoguelfa manzoniana, intenti primi ad usare solo le voci e i modi del trecento, intenti gli ultimi ad usar solo le voc e i moc de'viventi Fiorentini (2). Ma contro quest'ult ma scuola di pu] sti ne sorge ora un'altra che nel campo dell'arte possiamo dire capitaneggiata dal Carducci, e nel campo della scienza ha per gì da e maestro l'Ascoli, scuola orm. gagl arda per numero e per molta serietà d'intenti; la quale ravviva n parte l''dea del Cesarotti, del Monti e del Perticari, e, distìnguendo,, la corregge, e spinge gl'Italiin a preoccuparsi un poco più della loro coltura che dell'artistica puri ;à della lingua; e <3 questa lingua vagheggia l'unità non nella cerchia d'un unico municipio dalle glottidi privilegiate, non sulle fiorite ajuolc di Colle Impe* ^ale, ma (come dice l'Ascoli) u nella regione del pensiero », in una grande comunità ita* ana, cos tuita di tutti i colti che scrivono e tendono a mettere in g. 'o colle idee loro le loro parole; pur non dimenticando che questa lingua ita1'ana deve a Firenze il tipo fonetico, il tipo morfologico e il tipo sintattico primitivo (3).
(1) Cap. 21.
(2) Caix, Op. cit., cap. IV e specialmente a pag. 21.
(3) Archivio glottologico, voi. I. Proemio.