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Storia della Letteratura Italiana
Il Seicento
Bernardo Morsolin
Francesco Vallecchi Milano, 1880, pagine 170

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a cura di Federico Adamoli

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   INTIIODUZIOA'E. 5
   coltivata o dilatata in breve da Villamediana, da Paravicino, da Roca y Verna, Ja Antonio de Vega, da Pantaléon, da Violante de Cco, da Molo, da Moncayo, da Ja Torre, da Vcrgara, da Rosas, da Ulloa, da Salazar e da altri, più o meno fortunati, non mancò il favore e la protezione de' monarchi, de' Principi, de' grandi. Ammirato nelle corti d'Italia, dove nulla sembrava perfetto, che non fosse in grido nella Spagna, il fare del Gongora trovò senza difficoltà una turba d'imitatori in quegli ingegni servili che della poesia stimavano ufficio principale l'adulazione a' potenti.
   _ Lo studio di ciò che v'avea di più strano ne' classici antichi c ne' grandi modelli italiani, portò senza dubbio che gli scrittori, sconoscendo 1' arte, già perfezionata nel secolo decimosesto, varcassero, più o meno, que'certi confini del bello,, oltre i quab non si deve spingere il piede. Il Tasso, natura altamente poetica, non alea ssputo schivare, come pur s'è accennato, il pericolo. I suoi scritti e la stessa Gerusalemme Liberata, così stupenda di pensieri, di forma e d'una armonia unica delle parti col tutto, non va immune di concetti lambiccati, di giuochi di parole, ^ d' antitesi, e perfino d'una certa mollezza, clic accenna a effeminare e a pervertire le lettere. Nessuna terra poteva adattarsi quanto l'Italia, al fare del Gongora, al quale consuonavano d' altra parte il lusso, i costumi, il gusto e la vita intera delle corti, già fatte spagnuole. Quell' arte lussureggiante alla foggia degli Arabi, quelle metafore strane, quelle affettazioni, quelle'mollezze non potevano cadere, più opportune a una turba d'ingegni cui bruciava la febbre del nuovo. Al semplice e naturale subentrò da quel momento l'ingegnoso e il contorto, u L'antitesi , scrive il Cantù , non fu più un mezzo, bensì il fine; non un ornamento, bensì la sostanza. Si volle non enunciar più la verità, che sotto aria di paradosso, dare al discorso il movimento scenico, tenui idee rimpolpare d'immagini gigantesche, e raggiungere per calcolo l'originalità, e rimbombo di parole sostituire alla sodezza di pensieri e di sentimenti. Dalla natura e dall' arte non si cercarono più che metafore: unicamente vantato ciò che fosse ingegnoso: la grandiosità della imagine, non la finezza; l'arguzia per l'arguzia, lo splendor per lo splendore: non appagar la ragione, ma eccitar lo stupore. Allora geografia, storia, l'universo non si esaminarono più, che per bottinarvi metafore, guardando all'appariscenza della imagine, non alla proprietà e finezza: niuna cosa dicendo direttamente, ma solo in relazione o contrapposizione di altre, oda' suoi effetti: accostando confusamente due termini di paragone, di cui coglieansi ralazioni, o dissomiglianze estrinseche e appariscenti : assumendo una voce o un modo in senso metaforico, poi recandone l'azione a senso reale: e così di frasi idropiche infarcendo l'etisia del soggetto, battendo di forza l'incudine, finche s'infuocasse ».
   Indirizzata l'arte per vie così torte e lontane dal naturale, non v'ha trivialità, non capestrataggine o strambità, clic non si escogitasse a colorire i propri eoncett;. La donna idolatrata non è più la Laura da'capelli biondi, dallo sguardo dolce, dall'aria e dagli atti nobili e alteri. Ne' versi de' poeti del seicento diventa in-vjeca una figura grottesca e mostruosa. La testa s'abbellisce non d'occhi, ma di stelk, non di ciglia, ma d'archi, non di guardi, ma di lampi, non di capelli biondi, ma d una pioggia d'oro, non di viso, ma di cielo. Dalla bocca, ch'c un misto u d'interno e paradiso » non escono parole, ma fulmini e tuoni: e i sospiri, che scattano dalla fucina del petto, ove Amore, fatto magnano, tempra gli strali, sono bombe e petardi, u Muschio e zibetto » spirante da u un'arca d'arabi odori » vi si chiama il fiato puzzolente: u fere d'argento in campo d'oro » gl'insetti schiusi del capo. E come nella pittura della donna, così si cercano le imagini più strane a ritrarre i concetti d'altra natura. Nettuno, in forza della sua relazione col mare, è detto u il dio salato » : e il sole, che vince con la luce le ter.ebre, un t< boia, che tagli
   « Con la scure de'raggi il collo all'ombre