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INTRODUZIONE.
Lo stesso idee del sovrascnsibile sono talvolta ritratte con le iinagini più ìnatc-riali c più goffe. Basti dire ehe le anime sciolte da' corpi vanno assomigliate ad altrettante bestie da sella ; predestinate a risiedere nel cielo entro una u stalla di stelle » e a pascersi della u biada d'eternità ». E queste, clic dettero nel naso a quello spirito bizzarro di Salvatore llosa, non sono forse ne le più strane nò le più ampollose tra le metafore del seicento. Chi si facesse a spigolare ne' poeti di quell' età potrebbe raccogliere senza fatica un bel volume, :1 quale gioverebbe, non foss'altro, di spasso alle brigate che hanno voglia di ridere. E ove si abborrisse da siffatto perditempo, basterebbe spogliare i frontespizi de' libri e gli assunti delle orazioni sacre e profane, solite a recitarsi dal pulpito, nelle scuole, o in qualcuna delle adunanze accademiche, tanto frequenti in quella età di spensierata adulazione, u L' Eeclissi della luna ottomana ;> e un libro sulla sconfitta de' Turchi: u Le lagrime di Parnaso » una raccolta di versi in morte di un accademico: u Le forze d'Eolo » un trattato sul fulmine: u La caccia del frugnolo » una dissertazione d'astrologia, u La regina al balcone » è l'argomento a un capitolo sull'anima umana, che fa vedere per gli occhi le sue spirituali bellezze: ne' u tesori del niente » s'enuncia la proposizione di un panegirico a San Gaetano di Thicne; nella u tirannide dell'amor divino » quella di un'orazione a San Filippo Neri, u Aurora precorritrice alla rugiada del Messia n e l'enunciazione di un panegirico di San Giovanni Battista; e gli assunti di parecchi discorsi iti lode della Vergine sono ora u la luna, che influisce benigni indussi di grazie nel cielo di santa Chiesa »; ora la u stella di Venere, foriera del sole di giustizia »; ora quella di u Mercurio per le sue virtù sempre unita al sole, cli'è Cristo »; ed ora il u Sole splendente d'impareggiabili favori ».
Da' pochi esempi ch'io ho recato, senza scelta alcuna, di frontespizi, di titoli, d'assunti e di metafore, risulta evidente che il modo d'imaginare c vestire i concetti rifuggendo da ogni sj^ontaneità c naturalezza, non poteva attingere la sua vita dal linguaggio comune. Erano stravaganze, lambiccature e gonfiezze non conseguibili che a prezzo di sforzi, a'quali non poteva reggere a lungo l'ingegno dell'uomo. Frequenti, per non dire continue, ne' componimenti brevi, quali le poesie liriche, le lettere, le dedicatorie, le prefazioni, si fanno piti rare ne' lavori di maggior mole. Ne' poemi, ne' drammi, ne' trattati, nelle dissertazioni, nelle storie, a una congerie di concertini e di figure con la quale il secentista mette in mostra la propria virtù, s'intramezzano spesso lunghi tratti, dove lo stile corre semplice e naturale. Quella che vi si malmena assai spesso è la lingua. Idiotismi, parole contorte ad altro significato, che non è il genuino, solecismi, frasi adoperate a rovescio, o a sproposito, seminate qua e là di forme spagnuole, s'incontrano, si può dire, a ogni passo negli scritti del seicento. Spesso vi si manifestano le norme scorrette di una grammatica arbitraria, dove i periodi sgangherati e le eostruzioni stranamente licenziose sembrano ripugnare al senso comune. E ciò che prevale ne' luoghi più degni di nota, c lo sfoggio d' una rettorica non discreta , fine c di buon gusto, ma stramba, dozzinale, sguaiata; il cui scopo principale è destar la meraviglia mediante l'aecozzamento delle qualità più opposte, delle declamazioni ampollose, delle goffe affettazioni, frequenti spesso, come avverte il Manzoni, u nella stessa pagina, nello stesso periodo, nello stesso vocabolo ».
Questa peste del resto non si circoscrisse alla sola letteratura italiana. A non dire della spagnuola, dalla quale, se non derivò di primo tratto, s'accrebbe senza dubbio il mal gusto nella Penisola, non voglionsi dimenticare la francese, l'inglese c la tedesca. L'ammirazione, e dirò anche la imitazione degli scrittili italiani, comune a ciascuna delle tre nazioni nel secolo decimosesto, non voline meno nel decimosettimo. Sul Tamigi, come sul Danubio e sulla Senna, non g.ungeva opera italiana di qualche grido, che non fosse tradotta, commentata, o imitata. La lingua di Dante parlavasi alla corte d'Elisabetta, come oggi la francese. Shackspeare, senza lasciare d'esser grande e originale, tolse dagli Italiani i soggetti, i modi, e,