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Storia della Letteratura Italiana
Il Seicento
Bernardo Morsolin
Francesco Vallecchi Milano, 1880, pagine 170

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a cura di Federico Adamoli

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   CAPITOLO PRIMO
   Mecenati — Accademie — Giornali Biblioteche — Scuole.
   La munificenza delle corti co' letterati italiani fu ben altra da quella del secolo deeimosesto. Le condizioni d'Italia interamente mutate non portavano più che i Principi si dessero a favorire gli studi eon l'intendimento di straniare, come per 1' avanti, i validi ingegni da ogni idea di libertà e di indipendenza. La preponderanza degli stranieri ne avea tolto perfin l'ombra di un lontano bisogno. Non più contrastati nel possesso de' loro domini, ma eselusi dal far valere il lor voto ne' destini d'Europa, i Principi si davano di preferenza a vita godereccia. (_ ontenti di tosare, eome avrebbe detto il Giusti, di seconda mano, sottomettevano rassegnati, se non volonterosi, le chiome alla forbice di chi stava sopra a loro. La protezione pertanto alle lettere difettava, quasi, d'ogni nobile seopo; nella maggior parte de' grandi essa è a considerarsi una eontinuazione, e non più, degli usi e delle tradizioni di famiglia.
   Chi si leva gigante in mezzo a una turba di pigmei è Carlo Emmanucle I di Savoia. Le molte guerre, dalle quali fu travagliato il suo principato, non valsero a spegnere in lui que' sentimenti di liberalità, de' quali, vivente ancora il padre, avea dato prova col Tasso, che u fuggiva sdegno di principe e di fortuna ». Degno tiglio di Emmanuel Filiberto, ebbe la munificenza pari al eoraggio. Ristauratore del sentimento nazionale, dischiuse la sua corte a tutti i eultori degli studi, e a quelli specialmente che, superiori all'età loro, avessero nutriti liberi sensi. Al passeggio come alla mensa, gli facevano corona uomini esperti in ogni maniera di scienze e di lettere. Molti s'ebbero da lui onori e pensioni; molti ne eternarono ne loro scritti la generosità veramente regale. Torino deve a lui la magnifica Galleria, ov'ebbero stanza la Biblioteca e il Museo. L'amore alle lettere e alle seienze di Carlo Emmanuele I si travasò, benché con minore munificenza, in Carlo Emanuele II, principe tranquillo, buono, elegante ; e ineontrò un degno emulo in N ittorio Amedeo II, primo re di Sardegna, che, profittando de' dodici anni di pace, precedenti alla guerra per la successione di Polonia, dischiuse a' giovani, privi di fortuna, il Collegio delle provincie, e crebbe splendore all'Università di Torino, tramutandola nel magnifico palazzo ove ora risiede, e chiamando a insegnarvi uomini eminenti in ogni maniera di scibile umano e divino.
   Emuli de' duchi di Savoia furono alcuni de' Mediei di Toscana. L'inferiorità del ingegno non tolse a Cosimo li di seguire le traeeie di Ferdinando suo padre. Quelle a cui, conoscente com'era delle lettere e delle scienze, rivolse di preferenza i suoi studi, furono 1' Accademia Fiorentina c le Università di Siena c di Pisa. Allo Studio di quest'ultima invitò non solo i più celebrati tra gl'Italiani, ma condusse eon larghi stipendi pareeehi degli stranieri. Non ultima delle sue cure tu la promozione degli studi drammatici. S'adoperò cioè, ehe l'apparato rispondesse, nelle rappresentazioni teatrali, alla bontà e alla eleganza de' eomponimenti. Così
   Morsoli*. 2