EPOPEA.
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stra sono rappresentate le guerre de' due Stati. Quella, clic ne rappattuma le ire accese nel bollor della giostra, ò Venere, che poi gli sposa, dando in premio al giovinetto uno scudo con suvvi istoriate le imprese di Francia.
Dall' orditura del poema non risulta certamente che vi si lasci desiderare, come alcuno vorrebbe, l'unità dell'azione. Io non dirò che l'argomento rechi sempre c con naturalezza quella serie di episodi, quella moltiplicità di accessori, de' quali va infarcita da capo a fondo la tessitura. All' Adone non si può certo applicare il detto del poeta,
L'arte, che tutto fa, nulla si scopre.
\ si scorge invece lo studio, la fatica, lo sforzo d' annodare al filo, dal quale risulta l'unità, una varietà di cose, se non inutili, per lo meno superflue. Il ciclo de' poemi epici s'era chiuso col Tasso. Nella Gerusalemme Liberata fanno, come s' è detto, l'ultima prova i sentimenti religioso e cavalleresco, a' quali aveva attinta la sua ispirazione l'epica italiana. L'unico chc trova un eco negli uomini fiacchi e degenerati del secolo XVII, è l'episodio d'Armida. Gli elementi cristiano ed eroico, tra' quali esso è incastrato, dileguano, com'avvcrte il De Sanetis, colla morte del Tasso. Ha l'Armida cessa con l'Adone d'essere un episodio per trasformarsi in poema che rappresenti la vita del secolo XVII: una vita pacifica, se vuoisi, ma volgare, licenziosa, pettegola, gaudente, voluttuosa, epicurea. È, com'ebbc a dire il dotto Chapelain, il poema della pace, a differenza degli altri, che cantano le armi e le imprese guerresche-, ma il poema d'uua pace molle, effeminata, inoperosa, che non rinvigorisce, ma snerva, non nobilita, ma degrada. Il soggetto ò antico, è mitologico: ma il poeta non si dà pensiero di cogliere il significato recondito e simbolico della favola. Pago di ciò, che si rivela nella nuda corteccia, non rappresenta, che la nuda realtà. E quella che in ciò primeggia, è la stemperatezza. Il Marini non ha profondità di pensiero e di sentimento ; non ha fede, come scrive il De Sanetis, in un contenuto qualsiasi. Sorretto dalla fantasia, si appaga di riprodurre l'oggetto, di vagheggiarlo, di abbellirlo, di raffigurarlo alla mente per lungo tempo, rappresentandolo notomizzato nelle parti anche meno avvertite e negli accidenti più fuggevoli. Il suo studio sta soprattutto nel prolungare il diletto, dove l'estensione va a scapito dell'intensità, e l'animo del lettore finisce col rimanerne sazio, stanco, annoiato. Coloritore facile, non si contenta delle prime pennellate, ehe per lo più sono belle, ma tocca e ritocca così da render poi irriconoscibili le linee prime. L'insieme dell' Adone non è che un' esuberanza di descrizioni, che si succedono, s'alternano, s'incalzano; un aggruppamento d'imagini, di figure e d' ornamenti d' ogni qualità e d' ogni specie ; uno sfoggio capriccioso di particolari, ammucchiati senza scelta, senz'ordine, senza castigatezza, che accusano anche a' meno esperti un non so che di ridondante, di monotono, di stucchevole. Il Giardino d'Armida, unico nella Gerusalemme Liberata, s' quintuplica neL Adone, e si stempera in tre canti lunghissimi : un centinaio e più di stanze bastano appena a descrivere una partita di scacchi tra Venere e Adone. Il soggetto, frivolo e senza interesse, diviene, manipolato dal Marini, un poema di oltre cinquemila stanze, diviso in venti canti; ciascuno de' quali è un lavoro che sta a sè, ed ha titolo speciale. Si direbbe che il Marini avesse lavorato un disegno con f intendimento di adoperarvi nella costruzione i materiali già preparati ad altra opera, senza badare, se il concetto primo incontrasse o no difficoltà alcuna. E così è veramente. Il poeta, giovanissimo ancora, avea dato mano ad un' epopea, intitolata le Metamorfosi. Mutato consiglio per secondare il suggerimento del duca di Savoia, si sa che inzeppò il nuovo disegno d' interi squarci, lavorati per quel primo poema, e ne* uscì l'Adone, un accozzamento di moltissime favole, che ha molta somiglianza con le Metamorfosi di Ovidio, e dove sembra chc il poeta abbia cercato di soddisfare, più che altro, alle facoltà dell'ingegno, mobile, capriccioso, condiscendente al gusto del secolo.
mordolin.
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