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XXXI.
La Piazza Reale,
Camminarono in silenzio fino nel centro della piazza, ma siccome in quel punto la luna usciva da una nube, rifletterono che in quel posto scoperto sarebbero stati facilmente veduti, e si portarono sotto i tigli ove l'ombra era più folta.
Qua e là erano disposte delle panchette di pietra : i quattro cavalieri si fermarono l'uno in faccia all'altro. Athos fece un segno; d'Artagnan e Porthos sedettero. Athos ed Aramis restarono ritti in faccia ad essi.
Dopo un momento di silenzio, nel quale ciascuno sentiva l'imbarazzo che provava ad incominciare una spiegazione, il conte de la Fere disse:
— -Signori, una prova del potere della nostra antica amicizia si è la nostra presenza a questo convegno ! non uno ha mancato, dunque nessuno di noi ha dei rimproveri da farsi.
— Ascoltate, signor conte, — disse d'Artagnan, — invece di indirizzarci dei complimenti che forse non meritiamo nè gli uni, nè gli altri, spieghiamoci da persone di cuore.
— Non vi domando di meglio, — rispose Athos. — Io sono franco; parlate dunque con tutta franchezza: avete voi qualche cosa da rimproverare a me od all'abate d'Her-blay ?
— Sì, — soggiunse d'Artagnan; — allorché ebbi l'onore di vedervi al castello di Bragelonne, vi feci proposizioni che avete comprese; invecerdi rispondermi come ad un amico, mi avete giuocato come un fanciullo, e quest'amicizia che voi vantate si ruppe ieri, non già per l'incontro delle nostre spade, ma per la dissimulazione al vostro castello...
— D'Artagnan ! — esclamò Athos in tono di dolce rimprovero .
— Mi avete chiesto franchezza, — riprese d'Artagnan, — ed io vi parlo francamente! mi chiedete ciò che penso, io ve lo dico; ed ora ho altrettanto da dire a vostro carico,