Ci pungeva spesso il rammarico per non esserci incontrati quando la nostra vita, uscita dall'adolescenza, aveva ancora la freschezza dell'aurora. La nostra tenerezza, per il ritardo dell'incontro, era più viva, più forte il nostro affetto. Giustificavamo quasi la tempesta, che aveva infuriata sulla nostra adolescenza, necessaria per raggiungere lo stato, colmo di armonia, in cui vivevamo. E in questo nostro stato di grazia non avvertivamo quasi più la cattiveria degli uomini. La luce che sfolgora dal sereno nasconde quasi sempre i miasmi che salgono dalle paludi corrotte. La festa di luci che ferveva attorno a noi copriva le maligne ombre.
E nella gioia del nostro canto, nella vigoria del nostro fisico, nella freschezza dei nostri sentimenti pareva che si dovessero superare le leggi del tempo. Invece... invece ora sono qui solo, dolce compagna, disperatamente solo, a consumarmi nel mio dolore. Oggi si compie il primo anno del giorno nefasto. Il sole cadeva mestamente dietro i colli di Silvi. Il mare, nell'ora fredda e melanconica, elevava il suo lamento sul giorno che moriva. Sulla strada si udiva il movimento, i richiami, le voci della sera. In una stanza, fredda anch'essa e nera, si viveva in angosciosa ansia. Io non mi ero reso ancora conto di quanto stava per accadere. I medici, forse per un senso di pietà, tacevano. Tu, mia santa, senza che io lo sapessi, stavi per abbandonare questa sciagurata valle di pianto. Nessun lamento partiva da te. Tu cercavi di reprimere, forse per non accrescere la mia pena, ogni segno di sofferenza. A una mia domanda e a una mia carezza rispondevi: - Si, ti voglio tanto bene. - dopo non dicesti più parola, ma mi guardavi ancora con occhi mesti e con una espressione con cui rivelavi la tua pena. Parevi che dicessi: - Povero maritino chi più allieterà, conforterà la tua vita? - Forse nessun altro pensiero ti dovette turbare, mentre le facoltà vitali si spegnevano, se non per il tuo maritino, che tanto amavi. |