Se mi salvo la vita è un caso .
Diario di Guerra di Antonio Adamoli (1916-1918)

a cura di Federico Adamoli


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     “Se mi salvo la vita è un caso”: è una delle poche considerazioni di Antonio che si è voluto scegliere come titolo di questa pubblicazione, e che sembra riflettere la condizione del soldato coinvolto in una guerra che non è la sua guerra perché non ne comprende le ragioni, ma nonostante tutto è ligio al proprio dovere di soldato dell'esercito italiano (2).
      Il diario di Antonio Adamoli, composto di 61 pagine e scritto in un piccolo quaderno contabile tra il gennaio 1916 e il dicembre 1917, si apre con la partenza da casa, il 21 gennaio 1916, quando lascia la sua Narro per raggiungere Precasaglio, destinazione Cima Rodi. Qui si trova la linea di confine posta sul gruppo dell'Adamello, dove la guerra è conosciuta come “Guerra Bianca in Adamello”. In Val Camonica rimane per circa due mesi, per poi trasferirsi il 10 marzo a Cividale, in Friuli. Tiene il suo diario quotidianamente, con assoluta regolarità, fino ai primi di giugno del 1916: sei mesi di sostanziale tranquillità, con pochi danni e pochi morti, tra cannoneggiamenti vari, colpi di mitraglia, a scavare trincee, sino all'arrivo di quelli che egli commenta laconicamente come “Tuti giorni spaventosi”.

(2) “Molti avevano certamente affrontato la vita di guerra sostenuti dai valori della cultura contadina: perseveranza, laboriosità, rispetto delle gerarchie. I rapporti interni alla comunità contadina, imperniati sulla subordinazione all’autorità della famiglia per la soddisfazione dei bisogni collettivi, avevano favorito l'adattamento alla disciplina.” (Bruna Bianchi, “I disobbedienti nella grande guerra”, sul sito interntet: www.fondazionebasso.it, consultato il 15/3/2012).