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Le grandi invenzioni

      Se si parla di invenzioni, tutti siamo subito portati a pensare all'aeroplano, la televisione, l'energia nucleare, l'automobile... Esistono però altre invenzioni, all'apparenza più modeste, ma altrettanto utili, importanti nella storia dell'umanità. Il fiammifero, per esempio, la serratura, il microscopio, il fornello o il frigorifero. Come sarebbe possibile oggi ad una buona massaia preparare i cibi per se stessa e i suoi figli senza un fornello? Per secoli e secoli, milioni di donne hanno cotto i cibi sul fuoco di legna. Bolle l'acqua nei grandi paioli e, dai bordi del coperchio, sfugge una specie di fumo bianco: il "vapore". Se si cerca di tenere premuto il coperchio, si sente una pressione, una spinta. È il vapore imprigionato che la esercita e se la pentola fosse ermeticamente chiusa finirebbe con lo scoppiare. Il vapore, dunque, può offrire la sua forza, per spingere, per muovere qualche cosa. La "scoperta" del vapore, la possibilità di sfruttarne la forza di espansione, si deve al francese Papin che compì una serie di importanti studi alla fine del Seicento. Il funzionamento di una macchina a vapore è assai semplice. In una caldaia viene fatta bollire dell'acqua e il vapore prodotto si fa arrivare a un cilindro, dove esso spinge uno stantuffo. Così il calore prodotto dal carbone una volta o dal combustibile oggi, si trasforma in energia. Fin qui le prime idee, le prime teorie. Dovevano passare quasi due secoli perché nascessero — sempre grazie al principio dello sfruttamento del vapore — le prime macchine adatte ad usi industriali. Pioniere in questo senso fu lo scozzese James Watt.
      Passò ancora quasi mezzo secolo prima della scoperta del motore a scoppio, la meravigliosa invenzione che doveva consentire all'uomo di correre velocemente sulle strade e di volare. Il principio era semplice eppure geniale: si trattava, come nella macchina a vapore, di far spingere lo stantuffo di un cilindro da un gas molto caldo che si espandeva. Soltanto, invece della forza dei vapore, si mescolava aria e gas infiammabile e poi lo si accendeva elettricamente, provocando una specie di esplosione. Questa spingeva violentemente lo stantuffo. Con un gioco di valvole si scaricavano nell'aria i gas bruciati e si ricominciava da capo. Inventori del motore a combustione interna furono un frate, Padre Eugenio Barsanti, e un ingegnere, Felice Matteucci, entrambi italiani.