(segue) Alla Magistratura italiana
(30 ottobre 1939)
[Inizio scritto]
Il Duce così
risponde:
Sono veramente grato al camerata
Grandi per avere organizzato questo nostro incontro; per averlo
organizzato all'inizio dell'Anno diciottesimo del Fascismo.
Sono lieto di trovarmi tra di voi.
Cosa che non è accaduta molto di frequente in questi primi
diciassette anni. Per una ragione di discrezione.
La Magistratura italiana gode, non
soltanto in Italia, ma nel mondo, di indiscusso prestigio. Questo
trova le sue giustificazioni prima di tutto nella preparazione
dottrinale della Magistratura, poi nella sua probità assoluta
e nella sua cristallina coscienza.
Nella mia concezione non esiste
una divisione di poteri nell'ambito dello Stato. Per pensare a ciò
dobbiamo tornare indietro di un secolo e mezzo, e forse allora si
giustificava più da un punto di vista pratico che dottrinale.
Ma nella nostra concezione il potere è unitario: non c'è
più divisione di poteri, c'è divisione di funzioni.
La vostra è tra le
preminenti e le fondamentali dello Stato, la fondamentale. Anzi,
quando si trattò di stabilire le gerarchie statali, io volli
pensatamente che il primo posto toccasse al primo magistrato della
Corte Suprema.
Ognuno di voi è testimonio
che io ho lasciato sempre la più ampia facoltà alla
Magistratura italiana. E ciò per una ragione molto semplice.
Io ho incondizionata fiducia nella Magistratura italiana e so che
essa giudica secondo la legge e secondo la coscienza.
Il Duce a questo punto pone in
rilievo come Egli intende di accelerare la pubblicazione dei nuovi
Codici, altrimenti si corre il rischio di avere dei progetti che sono
già invecchiati prima di nascere. Occorre che la legge sia
interpretata con lo spirito del nostro tempo.
(segue...)
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