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I suoi eredi

      Lasciò eredi del suo (prova, che la quantità de' lavori commessigli non fu poca cosa) i più diletti fra' suoi discepoli; e la sua morte recò in Roma un dolore ed un compianto universale. Attestano i contemporanei che giammai non s'era veduto un lutto ed un duolo così universale. E qui prima di chiudere il nostro articolo non dobbiamo pretermettere di avvertire, che dall'epoca del Maratta in poi nell'Accademia di San Luca in Roma si onorava un teschio creduto da tutti quello di Raffaello, sottratto dal resto del corpo, e religiosamente custodito; quando nell'agosto del 1833 nell'aggiustamento d'un muro della cappella in cui era sepolto, il caso d'uno smattonamento fece che si trovassero le reliquie di Raffaello; e la testa dell'Accademia su cui i frenologi avevano fatto le più curiose congetture del mondo, fu posta in disparte, e diede molto di che ridere ai maligni. Furono allora fatte sontuose feste; ne fu steso il processo autentico; fu dato alle stampe il disegno dello stato in cui si trovavano quei venerati resti da Orazio Vernet, a quei di direttore dell'Accademia di Francia a Roma; ed i periodici di quel tempo, e fra gli altri l'Arcadico, possono somministrare a chi ne desidera i più minuti particolari.
      Raffaello, vedute le stampe bellissime di Durer, fece disegni che diede ad incidere a Marcantonio Raimondi; e così perfezionò e promosse la vera scuola dell'incisione italiana. La quale scuola d'incisione ci perpetuò fra molte altre cose la Strage degl'Innocenti, e le bellissime sue invenzioni della Storia di Psiche. Egli pure molto contribuì alla scoltura, rivolgendola dalla fierezza michelangiolesca alla soavità ed eleganza delle forme antiche; e n'è prova la statua del Giona, condotta dal suo allievo Lorenzo Lotti, e collocata nella cappella Chigi in Santa Maria del Popolo.