Della vita e delle opere di Pompeo Gherardi
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biondi di Apollo, molli e sottili, ondeggiano lievemente mossi dal vento.
Tre di que'gentili alberetti di cui tanto fu vago l'Urbinate veggonsi nel quadro. Due stanno a' lati di Marsia, dell' altro seorgesi soltanto la cima sopra il capo di Apollo. E ciò nel dinanzi.
Il fondo è messo a deliziosa campagna. Sulla riva sinistra d'un fiumicello, che tortuoso divide la scena, sorge un castello congiunto all'altra riva da un piccolo ponte a tre archi, sull'entrare del quale in minutissima forma seorgesi un cavaliere, e nelle stesse proporzioni un pescatore seduto su d'un lembo sporgente della riva destra.
Compie la scena una doppia catena di monti, dietro cui sorge l'orizzonte. Dall'altro, a destra verso Marsia scendono degli augelli, un de' quali è ghermito da un falco (1).
E qui, in questo semplice accessorio fissando acutamente lo sguardo potrebbe vedersi un simbolo della tremenda sciagura imminente all'infelice Marsia: come pure in quella incantevole campagna l'eterna primavera delle terre frigie descritta da Senofonte.
L'armonico insieme di questo dipinto è meraviglioso, ed impossibile mi sarebbe esprimere coii adatte parole il diletto che mi venne all'animo in contemplarlo quando potei avermelo dinanzi. In esso tutto concorre a far rilevare quel bello, di cui solo Raffaello seppe improntare le opere del suo genio divino.
In quelle due figure si vede proprio » quel pieno e » sublime di espressione ( eccellenza propria e divinità del » Sanzio) quel visibile parlare de'volti sì vero nella con-» dizione e nella passione di ciascuno » (2).
(1) Nella sala degli studii in Venezia (cart.. XXIII, N. 16) esiste 1' originale disegno di questo quadro. E a punta d'argento rialzato di biacca ed offre non poche varianti negli ac-cessorii, come nel paesaggio, nelle orecchie di Marsia che vi si vedono asinine, nella corona d'alloro dì cui è cinto Apollo ed in altre minute cose. I tipi però e le posizioni di due personaggi componenti l'azione sono pressoché identiche.
(2) Giordani, opere. Voi. II, pag. 145. Firenze, Le Mounier 1845.
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