Della vita e delle opere di Pompeo Gherardi
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il segreto, melodioso linguaggio dei cieli e della terra, chi sa abbandonarsi innamoralo siili' onda eternale delle armonie della nalura, non può non esultare di gioia profonda dinanzi al prodigio di questa sintesi sublime, la quale non solo dovette favorire e svolgere lo studio del paesaggio, ma i ben creati spiriti avrà condotto a ricercare nuove fonti di bellezza e di sapere nel gran libro della natura. —
Non aveva mai Raffaello dipinto sulla tela^ già da molti anni messa in uso dai Veneziani, e volle provarcisi col San Giovanni nel deserto dipinto pel cardinale Colonna, che lo donava al suo medico Iacopo da Carpi. Vivente il Vasari possedeva quest'opera Francesco Beninlendi, da cui l'acquistava la famiglia Medici, e fin dal 1589 figura nell'inventario de'quadri posti nella tribuna della reale Galleria di Firenze.
È anche questa un opera d'inestimabile pregio, sia perchè la sola dal Sanzio dipinta in tela, sia per la propria e nobile espressione del precursore di Cristo, il cui torso perfettamente modellato è pieno di vita. Mentre il Passa-vant dice che a lui questa pare più una figura Accademica che un soggetto storico-religioso; i veri intendenti della pittura affermano che in quest'opera si conosce come Raffaello sapesse dare agli ignudi quell'espressione di robustezza e di gagliardia, ch'egli sapeva cavare non come Michelangelo dai torsi antichi, ma dalla viva natura; e come anche sapesse trattare il paesaggio, a modo dei Famminghi e degli Olandesi. Difatti il luogo del deserto, la sgorgante fontana presso la quale il giovane santo è sieduto additando la Croce, e quel pietroso dirupo, e il grosso tronco di vecchio albero, e tutto il cespuglio d'erba e frutta silvestri son fatti con tanta diligenza e finezza che meglio noi potrebbe il miglior pennello Olandese.
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