Raffaello Sanzio Architetto di Raffaele Ojetti
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stribuzione dei vuoti e dei pieni più regolare e più proporzionata, avuto d. mira la parte decorativa e la destinazione di un edificio, ed una ornamentazione nei dettagli minuti giudiziosamente parca, che lo facesse ben distinguere in ciò, dall'ornamentazione usata dagli architetti bramanteschi lombardi e dai veneti lombardeschi.
Accennato a questa influenza della scuola fiorentina trovo posto opportuno per fare una rettifica all'asserzione del Pontani, il quale, citando la frequenza in Firenze di Raffaello nello studio di Baccio d'Agnolo, ne trae argomento sostanziale per il giudizio dello stile Raffaellesco, che il nostro artista prendesse ad imitare la disposizione o'rnativa del prospetto della Casa che Agnolo a messer Bartolini costruiva. Il Pontani ritrova questa imitazione nella Casa di Monsignor dell'Aquila dall'Urbinate fatta in Borgo, e nel Palazzo Pandolfini in Firenze. Dirò dunque che tutta la teoria d'imitazione per parte di Raffaello cade, ed anzi è da ritenersi in senso contrario, se si rifletta che la Casa Bartolini fu edificata da Baccio nell'anno 1520, nell'anno stesso, notate bene, o Colleghi, che Raffaello veniva a morire. Dippiù se si tenga conto del fatto, da vari storici fiorentini citato, che la decorazione del prospetto di quella Casa per molti anni non fu completata, i giudizi del Pontani cadono in ogni più minuta parte, e noi possiamo trarre dalle osservazioni fatte la conseguenza di poter quasi proclamare Raffaello maestro a Baccio d'Agnolo stesso, e di registrare così un onore in favore della scuola romana.
Raffaello contava venticinque anni. Fattosi in Firenze più gagliardo il suo ingegno, fattasi ivi più potente la sua mano sullo studio dei grandi pittori, Raffaello, tenendo conto della buona riputazione in cui era venuto fra d' essi, si sentì capace di voler loro porsi rivale nell' esecuzione di qualche opera grandiosa. Leonardo da Vinci, Michelangelo, erano saliti in grido, per i loro cartoni compiuti per decorare le Sale del Palazzo della Signoria. Vagheggiò il nostro pittore eguale gloria e cercò appoggio presso i suoi molti amici, non ultimo il Gonfaloniere Soderini per il quale potevagli giovare il Duca d' Urbino, ed il suo zio Bramante architetto di Giulio II. In effetto all' altro zio di Urbino Simone Ciarla rivolge una lettera nella quale egli scrive : « Averia caro se fosse possibile di avere una lettera di raccoman-datione al Gonfaloniere di Fiorenza dal S. Prefetto e pochi dì fa io scrissi al zio e a Giacomo, da Roma me la fesero avere me saria grande utile per l'interesse de una certa stanza da lavorare, la quale tocha sua Signoria de alocare... » Ma il zio di Roma, che intendesi Bramante, anzi che giovargli per il chiesto lavoro da compiersi per il Comune di Firenze, riconoscendo
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