Raffaello Sanzio Architetto di Raffaele Ojetti

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      esame più coscienzioso dell'edificio, per i documenti meglio studiati, generale è l'avviso che Giulio Romano vi abbia avuto parte nella sola esecuzione ed indubitatamente in quella degl'ornati e delle pitture in cui ebbe a compagno Giovanni da Udine. La pianta del come doveva comporsi l'edificio la riporta il Serlio e dagli dsecutori ebbe incompleto sviluppo, e le molte modifiche ne alterarono assai il primitivo concetto.
      Morto Giulio II, l'eredità dei grandi propositi di questo Principe fu raccolta senza condizione dal Papa Leone X, non meno dell' antecessore desideroso di gloria e di fama, non meno premuroso di abbellire la dimora pontificia, e di portare innanzi la edificazione del più grande Tempio del mondo.
      Raffaello, in antecedenza già stato nelle grazie di Giovanni de' Medici, salito questi al trono, continuò a godere stima e favore. Compito lo affresco della Cacciata di Eliodoro, pose mano in omaggio al nuovo Papa agli affreschi dell'Incontro di Leone 1 con ^Attila, dell' Incendio di Horgo, nelle quali storie ritrasse l'effigie del vivente Sovrano. Soddisfatto Leone delle nuove prove del pennello del Sanzio, lusingato dalle allusioni volutegli dare dall'Artista nei fatti espressi, lo eleggeva pittore Capo della sua Corte, e, su proposta del Bramante, architetto della Basilica e del Palazzo, dandogli per ajuti, Fra Giocondo, e Giuliano da San Gallo.
      In quale modo sentisse la seconda di queste nomine, esso stesso ce lo fa palese in quella lettera che scrisse al Conte Castiglioni in cui vergava queste parole, che rivelano tutta la sagacità di sentire ch'egli poneva nell'esercizio dell'Architettura : « Nostro Signore coll'onorarmi (scrive Raffaello) ha posto un gran peso sopra le spalle, questo è la cura della Fabbrica di S. Pietro. Spero bene di non cadervi sotto e tanto più quanto il modello che io ne ho fatto piace a Sua Santità ed è lodato da molti ingegni. Ma io mi levo col pensiero più alto ; vorrei trovare le belle forme degli edifici antichi. Non so se il volo sarà d'Icaro; me ne porge una gran luce Vi-truvio, ma non tanto che basti. »
      Questi pensieri di Raffaello ci dànno indizio sufficente quale importanza ed amore volesse dare al confidatogli incarico, ci palesano in lui quanto fosse grande il desiderio di levarsi più in alto nello studio delle cose dell' architettura. Con più di cura attese allora alle dottrine di Vi-truvio, a penetrar nelle quali siccome in luogo di tenebre, invocò la luce di Frate Giocondo suo compagno, che, come quei che sapeva di lingua greca e latina e reputato non solo abile architetto, ma profondo meccanico, Vitruvio ben conosceva e dottamente interpretava. Con tale scorta, riuscì
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Raffaello Sanzio Architetto
Discorso
di Raffaele Ojetti
Tipografia F.lli Centenari Roma
1883 pagine 40

   

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