Istoria della vita e delle di Quatremere De Quincy

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      le invenzioni eh' egli sprezzò, erano già superiori di molto a quelle eh' erano in uso allora ; laonde nulla prova meglio quale fosse la distanza che si dovette riconoscere tra quest' opera quando comparve , e tutto ciò che P aveva preceduta.
      Questa disparità fu tale effettivamente, e tale sembrò allora, che Giulio II avea già ordinato di buttare a terra le storie eseguite in queste sale dai pittori da noi nominati di sopra: e Raffaello venne incaricato di supplirle tutte , e a lui fu quindi affidata la totalità dell' impresa \le disposizioni dei gruppi delle figure sono in tutto uguali a quelli della pittura ; il perchè si conosce che le variazioni, o meglio le aggiunte da Raffaello introdotte, lo furono onde meglio armonizzare con* esse l'assieme della composizione, adattarla più bene allo spazio* che dovea occupare, e riempire que' vani , cbe, lasciati altrimenti, avrebbono disturbato il legamento geuerale delle figure ; le quali cose tutte devonsi presentare alla mente del pittore nell'atto stesso che trasporta il suo cartone sul muro, e ne esamina l'effetto che produce la disposizione che vi ha data, applicata allo spazio destinatole ; siccome avvenne appunto al nostro Raffaello.
      * Sappiamo dal Vasari, tom. 3.°, pag. a5t», che Raffaello nel far atterrare le pitture eh' erano, quivi, fece ritrarre alcune teste di naturale sì belle e sì ben condotte che la sola parola mancava a dar loro la vita, dipinte da Bramante da Milano ; frtf quali Niccoft» Fortebraccio, Carlo VII re di Francia , Antonio Colonna principe di Salerno, Francesco Carmi gnuola, Giovanni Vilellesco, Bessarione cardinale Francesco Spinola , Battista da Canneto ; i quali ritratti tutti furono dati al Giovio da Giulio Romano, e da quello posti nel suo museo in Como : conservandoci per tal modo Raffaello diversi ritratti di uomini illustri, de* quali forse altrimenti non si sarebbono conosciute le vere effigie.
      ^.ooQle


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Istoria della vita e delle opere di Raffaello Sanzio da Urbino
di Quatremere De Quincy
Sonzogno Milano
1829 pagine 847

   

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