Istoria della vita e delle di Quatremere De Quincy
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a credere che Raffaello sarebbe stato tra li pittori de* suoi tempi in Roma , quegli che meglio d'ogni altro gli avrebbe imitati. Ne abbiamo per prova quella flessibilità d'ingegno che lo caratterizzò, e meglio ancora parecchie delle sue opere , come sono li celebri ritratti onde abbiamo parlato, dipinti da lui solo 1, e nella esecuzione dei quali nessuno de9 suoi allievi può avere avuto parte.
Ben si sa già da tutti che devesi attribuire a Giulio Romano quell' abuso del nero da stampa nelle ombre, che pochi anni dopo la morte di Raffaello a, avea tolto ad alcuni de' suoi più bei quadri quelP armonia, che vi s'ammirava dapprima. Noi appariamo da ciò che Raffaello non ebbe il tempo d' accorgersi del cattivo effetto d'un uso, cui avrebbe posto rimediò con tanta facilità. Senza pretendere che avesse uguagliato Tiziano e Coreggio per la verità delle carni, la trasparenza delle tinte, la rilevatezza dei contorni , il giro delle linee, il chiaroscuro e la magia del colorito, gli sarebbe bastato l'appropriarsi una parte di esse qualità, e soprattutto lo studiare l'effetto della mescolanza di certe sostanze coloranti, per dare alle sue opere quel solo di più che pure vi si desidera.
ftcoou di mr- Il Sanzio è sicuramente fra tutti li pittori quegli che ebbe la scuola più celebre, e la più numerosa. Non dobbiamo per siffatta parola limitarsi ad intendere semplicemente una riunione d' allievi che passano un ccrto
1 Vedi a pag. 227 e seg.
2 Vedi ciò che dice a questo proposito del quadro della Tras
figurazione il Vasari, ibidem, tom. 3.°, pag. 224.
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