Deborah Tolomeo
La 'Stampa Rossa' a Genova (1945-1953). Le Carte Adamoli


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     E’comunque il fronte delle sinistre (66) a conquistare la vittoria alle elezioni amministrative del 1946 ed il governo locale sarà nelle mani di comunisti e socialisti fino al 1951: (67)

"Il sindaco è un comunista, l’avv. Giovanni Tarello (..) che lascerà il posto, per motivi di età e di salute l’anno seguente a un altro borghese intellettuale cooptato dal PCI, Gelasio Adamoli, funzionario di banca.(…). La giunta rossa si trovò di fronte alla ricostruzione". (68)

     Alla giunta si richiede quale priorità la ricostruzione materiale: l'esigenza primaria di "normalizzare la vita urbana" impone pesanti condizionamenti ad una programmazione di più ampio respiro. I provvedimenti immediatamente necessari riguardano il ripristino del patrimonio abitativo, (69) portuale (70) ed industriale (71) unitamente al risanamento del bilancio comunale per aumentare le risorse disponibili; il tutto, contestualmente ad un alleggerimento del carico tributario sui ceti meno abbienti ed alla necessità di riassorbire la disoccupazione: due tematiche al centro della politica dell'amministrazione rossa, che nel 1946 lancia lo slogan “Chi più ha più paghi!”. (72)
     Il sindaco comunista deve fronteggiare anche la diffidenza crescente della classe dirigente genovese: infatti l'avvio della guerra fredda provoca anche a Genova il crollo della solidarietà antifascista tra gli ex partiti del CLN e l’amplificarsi delle tensioni sociali; l'esigenza della lotta contro il comunismo rende sempre più aggressiva la Democrazia Cristiana: si assiste al "ridimensionamento del significato ideale dell'antifascismo e della Resistenza", una "strana e inattesa insensibilità" (73) che negli anni Cinquanta porta addirittura in consiglio comunale due esponenti del neonato Movimento Sociale e l'ex podestà fascista Eugenio Broccardi.

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(66) Di seguito la ripartizione dei seggi del comune di Genova nel 1946: "Il 10 novembre del 1946, dopo la grande prova del 2 giugno, in cui Genova aveva votato in netta maggioranza contro la monarchia (…) si vota per la prima volta un sindaco democratico. Il PCI coglie una clamorosa vittoria. Sfiora il 39 per cento e porta in via Garibaldi ben 32 consiglieri su 80. Il successo completato dal 25,5 per cento dei socialisti, che ottengono 21 consiglieri. (Non c’è stata ancora la scissione di Palazzo Barberini, ma i riformisti sono in netta minoranza). La DC è umiliata: con il 21 per cento ha 17 consiglieri. I repubblicano sono 2, i liberali 4 e il “Blocco della Lanterna” (qualunquisti) con 4 seggi raccoglie anche i timidi voti degli scontenti fascisti". Nel marzo successivo -dopo la scissione di palazzo Barberini -i repubblicani si dimettono. P. Lingua, I genovesi, politica e cultura, cit., p.7.

(67) Sulla composizione delle giunte Tarello e Adamoli: M.E. Tonizzi, Il ceto politico locale a Genova e provincia:1946-1951, cit., p. 67, note 1 e 2.

(68) Ibidem.

(69) Genova era stata bombardata a più riprese durante la guerra; tra i bombardamenti più distruttivi ricordiamo quello inglese del 9 febbraio 1941; successivamente, dopo l’ottobre del 1942, le incursioni aeree diventano sistematiche: si conteranno circa 2000 vittime a Genova e 8 mila edifici danneggiati : devastato il centro storico, numerose scuole, palazzi, case; l'Ospedale Pammattone, i Palazzi Ducale, San Giorgio, Spinola (sede della Prefettura), villa Paradiso; le Chiese di San Donato, dell'Annunziata, di Santo Stefano. L'attacco dell'8 agosto 1943, dopo alcuni mesi relativamente tranquilli, sarà potentissimo. Genova perde i suoi quattro teatri principali: il Paganini, il Regina Margherita, il Genovese e il Carlo Felice, i primi tre in modo irreparabile.Crolla la Loggia dei Mercanti, bruciarono Palazzo Rosso e centinaia di caseggiati. Anche dopo l'Armistizio Genova resta obiettivo di pesanti bombardamenti. Secondo i dati dell’amministrazione comunale, invece, gli edifici sinistrati nell’aprile 1945 sono 11.183, le abitazioni 52.161. (Cfr. P. Rugafiori, P. Arvati, Storia della Camera del lavoro di Genova. Dalla Resistenza alla scissione sindacale, Roma, ESI, 1981, p. 49).

(70) I traffici portuali dopo il 1942 vengono paralizzati dai bombardamenti alleati e tedeschi: disastrosi in particolare quelli del 2 agosto 1944 (in cui morirono 180 marinai del Cacciatorpediniere Freccia), del 13 e 14 agosto e del 4 settembre. All’indomani della guerra la situazione è così sintetizzabile: le acque dei bacini portuali sono ostruite dai relitti e minate; distrutti i mezzi meccanici e i magazzini, la cui superficie è ridotta a 1/7 rispetto al periodo prebellico. La flotta mercantile è decimata, la Diga Foranea squarciata, distrutti i bacini di carenaggio delle Grazie e la stazione marittima Andrea Doria. Dal 1945 al 1949 vengono sminate le acque, riaperto il passaggio alle navi mercantili di basso tonnellaggio, restaurate gran parte delle banchine e riparati il 70% dei mezzi meccanici di carico e scarico e buona parte dei magazzini. In due anni il traffico delle merci è riportato quasi al livello di quello prebellico (il superamento avviene nel 1953), segnale anche della riorganizzazione dell'industria e dell'agricoltura italiane. Anche la flotta italiana, grazie al notevole apporto degli Stati Uniti è ricostituita, e dalle 80 unità utilizzabili arriva a 949 unità. (Ibidem). In questo periodo il presidente del Consorzio Autonomo del Porto di Genova è l'Ing. Carlo Canepa, che muore nel 1948 e a cui succede il Gen. Filiberto Ruffini."Nei mesi tra il secondo semestre del 1949 e il primo del 1950 la fase della cosiddetta ricostruzione poteva dirsi conclusa (...) L'arrivo a Genova della Rosa Corrado con un carico di 9000 tonnellate di carbone per le ferrovie, avvenuto il 12 luglio 1949, contribuì a segnare il passaggio dal vecchio al nuovo tempo.Quella nave era la millesima che giungeva nei porti italiani con un carico di merci fornite in applicazione del piano Marshall, nato sotto il nomedi Erp (European Recovery Program)". (G.Giacchero, Genova e la Liguria nell’età contemporanea. 1815-1962, cit., p. 755). Spiega inoltre G. Manzitti: "in porto erano stati affondati 140 scafi di navi militari, 198 mercantili e 600 galleggianti minori (...) le banchine, risparmiate in qualche modo dagli inglesi, dovevano essere salvate dalle mine tedesche piazzate dall'esercito sconfitto in fuga. Un'operazione delicata alla quale parteciparono economicamente e organizzativamente anche gli industriali (...) Gli industriali erano evidentemente molto preoccupati per il porto, per la sua ripresa. si ripartiva da zero con i traffici. Alla fine del conflitto era rimasta attraccata alla banchina solo una piccola nave dei Costa, da 1600 tonnellate, e da lì Genova doveva ricominciare una risalita difficile". (G. Manzitti, Tempo di ricordare, cit., pp. 77-78).

(71) La grave crisi produttiva e finanziaria delle aziende genovesi nel dopoguerra è dovuta soprattutto al “carattere prevalentemente bellico della produzione”; gli impianti delle aziende siderurgiche, danneggiati non gravemente, hanno però subito l’asportazione di macchinari da parte dei tedeschi, mentre le industrie meccaniche sono inattive per deficienza di materie prime e assenza di commesse -per cui sono costrette ad una veloce riconversione. (P. Rugafiori, P. Arvati, Storia della Camera del lavoro di Genova, cit., pp. 38-40).

(72) Gli orientamenti di politica tributaria, già abbozzati da Vannuccio Faralli, saranno realizzati dalle giunte successive. In particolare si opera per l'alleggerimeno della pressione tributaria sui ceti meno abbienti attraverso l'esenzione dall'imposta di consumo dei generi di prima necessità (provvedimento mantenuto anche negli anni Cinquanta); la perequazione fiscale si ottiene attraverso l'applicazione dell'imposta di famiglia (al posto di quella sul valore locativo), la costituzione dei Consigli Tributari per accertare il prelievo di famiglia, la sottrazione alla gestione privata della riscossione dell'imposta di consumo. Per una disamina della politica tributaria delle amministrazioni degli anni del Dopoguerra cfr. M.E. Tonizzi, Il ceto politico locale a Genova e provincia:1946-1951, cit., pp. 62-64.

(73) Ibidem, pp.59-60.