Cento anni sono passati dal 1907, l’anno in cui nacque Gelasio Adamoli. Altro secolo, il Novecento. Ricco di memorie collettive da celebrare. La storia che insegna e tramanda. Posti a sedere occupati, gente in piedi che ascolta. Alla Festa, quest’anno, la sala dibattiti porta il suo nome. Si susseguono testimonianze del passato e del presente, per ripercorrere la storia di Genova, nei ricordi di chi l’ha vissuta e nei progetti di chi ora la sta guidando. Moderatore Mario Tullo, segretario regionale Ds.
Piero Gambolato prende parola. In piedi ricorda il compagno Adamoli:
“Perché Adamoli rappresenta in modo emblematico la natura del Pci, come nacque e come fu vissuto questo grande partito, in Italia e a Genova”.
Arrivò nel 1924, da Teramo. A chi gli chiedeva perché avesse scelto proprio Genova, rispondeva: “perché ero genoano”. Si iscrisse al partito nel 1930. Fu uomo di Resistenza, partecipando attivamente alla lotta partigiana. Sindaco nel 1948 per tre anni, consigliere comunale, direttore dell’edizione genovese de L’Unità, senatore. Una vita intensa, che ha lasciato il segno. Uomo di grande autorevolezza, alto profilo morale, elegante e lungimirante. Con la battaglia per la ricostruzione del teatro Carlo Felice, fu il primo a pensare la città come risorsa. Sindaco della rinascita. Erano anni difficili quelli del dopoguerra. Una città spaccata, molto più divisa tra quartieri rossi e media borghesia. Est e ovest contrapposte. Il Pci dentro le logiche e l’orbita sovietica.
“Ma Adamoli non perse mai di vista il suo impegno verso la cosa pubblica, nell’interesse comune - continua Gambolato - . Le sue battaglie: sviluppare sia l’apparato industriale sia quello urbanistico, immaginare una città diversa, proiettando il pensiero sempre in avanti. Ci ha lasciato grandi insegnamenti: l’onestà, il rapporto stretto con le persone, il rispetto per le istituzioni. E l’intensità che metteva in tutto quello che faceva. Il suo motto era: non mollare mai”.
E’ la volta dei sindaci. Giancarlo Piombino lo ricorda così:
”Una persona per bene, godeva della stima di tutti, amici di partito e avversari politici. Sentiva fino in fondo il suo dovere di consigliere, sia come collegamento con il suo partito, sia come uomo che aveva una profonda attenzione per la città, cercando sempre di immaginarla in una visione futura. Come grande era la sua attenzione verso gli equilibri di convivenza pacifica nella vita politica. Erano anni di clima teso, eppure, come capo dell’opposizione, non creava mai polemiche sterili, riusciva anzi a vedere quello che i due partiti, Dc e Pci non vedevano, i motivi di unità, come la ricorrenza del 25 aprile”.
Anche Fulvio Cerofolini sottolinea questo aspetto:
“Era unico. Attendevamo la sua discussione sul bilancio, chiedendoci ogni volta come lo avrebbe definito. Ma il suo non era esercizio di capacità retorica, erano veri contenuti politici. Un uomo di grande apertura, un grande carisma. Lo conobbi all’indomani dell’attentato a Togliatti, quando Genova era sottosopra, con le barricate in via XX settembre. Lui indirizzò la rivolta nel modo più legittimo e giusto. Con il tempo mi resi conto che in quell’occasione Adamoli portava con sé tutta la capacità e il coraggio di chi aveva combattuto nella Resistenza. E non dimentico nemmeno il suo grande intervento in consiglio per la battaglia del Carlo Felice. Erano passati appena due mesi dalla tremenda alluvione del ’70, c’erano grandi dubbi e lui disse: E’ proprio nei momenti di difficoltà che bisogna manifestare fiducia nel futuro” Un grande Comunista sindaco, un grande sindaco comunista”.
Romano Merlo manda la sua testimonianza scritta:
“Era un uomo elegante, nel vestire, nello sguardo e nei tratti. Un uomo della città e della democrazia”.
Claudio Burlando:
“Ho visto per la prima volta questa figura fiera, verso cui era impossibile non portare deferenza e rispetto, all’apertura di una sezione. E’ il simbolo della ricostruzione del nostro teatro, la lungimiranza nel pensare alla città come risorsa, in tempi lontani dalle opere di rilancio degli anni ’90. Il simbolo della voglia di amministrare e della capacità di mantenere grande civiltà politica. Se La nuova operazione politica a cui stiamo assistendo avrà successo, sarà anche per personalità come la sua, che ci ha lasciato una grande eredità civile, politica e umana”.
Giuseppe Pericu non ha conosciuto Adamoli. Ma fa due considerazioni:
“Le qualità umane di questa forte personalità erano le caratteristiche del Pci di quel periodo. Parlo dell’ onestà, del rapporto con le persone, della concretezza. Mi auguro che entrino a far parte del PD”. Scoppia un applauso spontaneo e significativo. “Seconda cosa: non dimentichiamo- continua Pericu- che quelli erano anni di grande difficoltà. Finita la guerra bisognava affrontare scelte difficili. Gli italiani migravano, la carne era un lusso, per un sindaco governare la città era un compito molto arduo. Ma allora c’era una differenza: l’ambiente cittadino era più unito, legato da ideali profondi”.
Questo ricordo lungo cento anni termina nel presente. E’ la sindaco Marta Vincenzi a chiudere il dibattito:
“La scelta di dedicare questa giornata ad Adamoli, con cui la città, lo ha dimostrato più volte, ha un rapporto molto stretto, è di grande valore. I ricordi si sono intrecciati con le interpretazioni delle varie generazioni. E’ emersa Genova e la personalità di un grande uomo, un esponente di quella classe politica ancora capace di rappresentare il sentire popolare. In quegli anni, chi governava poteva far riferimento su forze politiche che sapevano spiegare e unire. Oggi è più difficile, ma è l’obiettivo che ci poniamo con il PD, creare una grande forza popolare, in sintonia con l’agire e il senso della politica. L’eredità di persone come Adamoli sono le radici che useremo per costruire il nuovo. Il suo periodo non è riproducibile, ma lo è il suo socialismo municipale. Penso all’edilizia popolare, al grande impegno per la cultura e la costruzione della democrazia. Tutti aspetti con cui arricchire la nostra memoria e i progetti futuri”.
Adamoli partigiano, grande amministratore, uomo di cultura. Una cultura senza presunzione, ma che sapeva arrivare alla gente. Applausi, ricordi e un filo di commozione. La sala è piena fino alla fine.
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