La Giornata della Memoria a Teramo (27 gennaio 2014)
In occasione della Giornata della Memoria, celebrazione annuale che ricorda la persecuzione e lo sterminio degli ebrei, è stata organizzata una manifestazione a cura del Liceo Classico di Teramo, che ha visto la partecipazione particolare di alcuni componenti della famiglia Cannarutto, che faceva parte del gruppo di ebrei giunti esuli nella nostra provincia negli anni della guerra, in fuga dalla minaccia della deportazione tedesca. L'incontro è stato aperto dalla prof.ssa Loredana Di Giampaolo, dirigente del liceo, ed ha visto gli interventi della prof.ssa Patrizia Vernisi e del prof. Roberto Ricci. Protagonista della manifestazione è stata la triestina Licia Cannarutto, classe 1931, accompagnata a Teramo dalla sorella e dal figlio Massimo Bucher. L'emozionatissima signora Licia, sollecitata pure dalle numerose domande rivolte dal numerosissimo pubblico che gremiva l'aula magna del Liceo Convitto “Melchiorre Delfico”, ha ricordato e ripercorso le tappe dell'esperienza vissuta a Teramo dalla sua famiglia.
Quando dopo l'8 settembre 1943 l'esercito tedesco occupò le regioni settentrionali dell'Italia e la minaccia delle deportazioni di massa divenne un pericolo imminente per la comunità ebraica, tante famiglie dovettero affrontare il dilemma se decidere di abbandonare i luoghi di residenza. Dopo la promulgazione delle leggi razziali (1938) le misure restrittive nei confronti degli ebrei furono inizialmente blande, e si concretizzarono in provvedimenti discriminatori (perdita di gran parte dei diritti civili), pur non profilandosi ancora davanti lo spettro di una possibile deportazione. L'escalation degli eventi bellici culminarono poi nel progetto sistematico perseguito dai nazisti di eliminare fisicamente, definitivamente, tutti gli ebrei. Anche le famiglie triestine quindi dovettero porsi il problema di “cosa fare?”. Parte di esse non ebbero la percezione immediata della minaccia, ritenendo che le loro condotta, rimasta sempre nella legalità, non li esponesse ad un pericolo grave; parte di esse fu invece indotta, almeno per prudenza, ad allontanarsi, salvo attendere lo svolgimento degli eventi bellici. Fu questa la decisione presa dalla famiglia di Oscar Cannarutto, scelta che risultò determinate per la salvezza, dato che alcuni dei fratelli del Cannarutto - che decisero di non spostarsi da Trieste – andarono incontro ad un tragico destino. La comunità ebraica triestina risultò dimezzata.
Le vicende della resistenza teramana sono state minuziosamente ricostruite dal prof. Sandro Melarangelo, nella recente pubblicazione “La Resistenza a Teramo”. I Cannarutto, insieme a numerose famiglie di israeliti, giunsero a Teramo come esuli, con documenti falsi, fidando di aver fugato ogni pericolo. Purtroppo anche a Teramo la minaccia della deportazione divenne un pericolo immediato, ed infatti i tedeschi si apprestavano a compiere, nei primi giorni del dicembre 1943, il rastrellamento degli ebrei. E' da sottolineare che la provincia di Teramo deteneva un triste primato, con la presenza di numerosi campi di concentramento (di cui uno in città), che erano destinati ad accogliere anche le famiglie rastrellate a Teramo, da avviare successivamente nei campi di sterminio all'estero.
L'ultimo podestà di Teramo in carica nei mesi dell'occupazione tedesca era il Tenente Colonnello Umberto Adamoli, finanziere, decorato della prima guerra mondiale, già podestà di Silvi dal 1931 al 1934, il quale pur essendo fascista, non assunse nei confronti del comando tedesco un atteggiamento apertamente collaborativo. Egli venne a conoscenza dell'imminente rastrellamento degli ebrei presenti in città, e si affrettò a comunicare, in forma anonima - come sottolineato da Licia Cannarutto - il pericolo che gravava su di loro. Gli ebrei vennero invitati a mettersi in salvo, allontanandosi dalla città.
La circostanza è documentata da una lettera stilata e sottoscritta da alcune delle famiglie di questi ebrei, che fu redatta successivamente alla liberazione teramana (datata 14 luglio 1944), nella quale viene sottolineato il gesto provvidenziale del podestà Adamoli: “Voi, Podestà di Teramo, eludendo la vigilanza teutonica e fascista, ci avete avvisati tempestivamente del pericolo che incombeva sulle nostre teste raccomandandoci paternamente di allontanarci da Teramo o di rifugiarci presso quelle famiglie, fortunatamente numerose, non contaminate dal virus della peste nazista e ci assicuravate ogni qualsiasi aiuto”.
La famiglia Cannarutto si spostò a Villa Ripa, frazione ad una manciata di chilometri da Teramo, dove venne fraternamente accolta dalla famiglia di Ercole Di Bartolomeo, che non esitò ad offrire ospitalità e protezione ai triestini. Fu l'inizio di uno stretto legame che si è protratto per oltre 70 anni, e che dura tuttora con i discendenti della famiglia stessa. E' da sottolineare che la salvezza dei Cannarutto fu legata in particolare alla protezione offerta dalla famiglia Di Bartolomeo, ma più in generale anche dalla condotta della comunità di Villa Ripa, tra i quali non mancavano i fascisti; la popolazione non tradì i 23 triestini stabilitisi nella piccola frazione teramana, che certamente non passò inosservata nei sette mesi cruciali che trascorsero sino alla liberazione di Teramo (giugno 1944).
La permanenza a Teramo della famiglia Cannarutto, come quella degli esuli presenti nel teramano, si protrasse poi sino alla liberazione (aprile 1945), conseguenza della definitiva sconfitta dell'esercito tedesco. I Cannarutto sono oggi tornati in Abruzzo (come pure in altre occasioni), per rievocare nella manifestazione organizzata per la giornata della memoria, i mesi della permanenza a Teramo, e per esprimere il riconoscimento verso l'intera comunità teramana, ricordando pure l'importanza del gesto provvidenziale del podestà Adamoli, che li sottrasse alla certezza della deportazione.
L'Adamoli trovò pure modo di seguire la sorte di coloro che furono meno fortunati dei Cannarutto, e che invece trovarono posto nel campo di concentramento presente a Teramo, precisamente in largo Madonna delle Grazie. Viene infatti riferito, sempre nella citata lettera scritta degli israeliti nel luglio 1944 - sottoscritta da Oscar Stein, Jacob Pappo, Hermann Holzer, Carlo Godelli, Isacco Pappo, Oscar Cannarutto, Fulvio Viterbo, Leone Fano, Giuseppe Pappo, Umberto Fano, Emilia Levi Bergnier e famiglia, Vitalio Behar e famiglia, Oscar Roditi e famiglia (sono presenti nella lettera altre sette firme non leggibili) - che: “E' pure a nostra conoscenza che durante il terrorismo teutonico vi siete reso benemerito della popolazione teramana e sappiamo anche che di concerto col Comandante del Campo di Concentramento istituito dalle belve tedesche per sfogare il veleno che hanno sempre in corpo, somministravate tra l'altro agli internati, ricorrendo ad un abile stratagemma, doppia razione di cibo”.
La condotta del podestà Adamoli, la scelta compiuta di non assecondare il piano persecutorio dei tedeschi presenti a Teramo, ricevette il pieno riconoscimento degli stessi partigiani che furono impegnati a combattere l'invasore dai fatti di Bosco Martese, episodio d'importanza nazionale, dato che ha rappresentato il primo scontro in campo aperto tra le forze di occupazione naziste e le forze della resistenza nazionale. Questi eventi furono successivamente narrati nel diario dello stesso podestà Adamoli (pubblicato nel 1946 nel volume intitolato “Nel turbinio d'una tempesta”), testimonianza che costituisce l'unica cronaca dei mesi della occupazione tedesca a Teramo, fonte che è stata utilizzata anche dagli storici della resistenza; nella pubblicazione viene pure riferita la circostanza nella quale il podestà Adamoli, alla richiesta di una lista di 100 teramani da sacrificare in ritorsione dopo gli scontri del Bosco Martese, offrì la propria persona in luogo dei cento teramani. La circostanza, la cui veridicità è stata contestata da taluni, viene comunque ritenuta attendibile, ed è stata riportata fedelmente nelle pubblicazioni dedicate alla resistenza italiana. A questa richiesta i tedeschi desistettero dai loro propositi, forse anche per il timore di creare un martire.
Nel corso della manifestazione il prof. Roberto Ricci ha annunciato che, con l'appoggio del sindaco di Teramo Maurizio Brucchi, verrà prossimamente inviata al Centro di documentazione ebraica la richiesta per il riconoscimento per Umberto Adamoli dello status di Giusto tra le Nazioni. La giornata celebrativa apertasi nell'aula magna del Liceo Delfico, è poi proseguita in un ambiente conviviale, nel corso del quale sono state donate alla famiglia Cannarutto alcune pubblicazioni di Umberto Adamoli; nel pomeriggio si è infine svolta presso la Villa Comunale di Teramo, una cerimonia organizzata dalla sezione teramana dell'A.N.P.I. nel corso della quale è stata ricordata, con vari interventi e la deposizione di una corona, la figura del tenente Alberto Pepe, uno dei tanti teramani che ha lasciato la vita nei campi di concentramento tedeschi.
Federico Adamoli
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