Il progetto dei pieni poteri, sia pure con limitazioni (come per esempio: promessa da parte del Governo di non servirsene né per procedere ad una nuova svalutazione del franco, né per applicare il controllo dei cambi, né per convertire le rendite) è approvato dalla Camera con 346 voti contro 247 cioè con una maggioranza di 99 voti.
Esso non incontra però uguale fortuna al Senato dova è respinto con 188 voti contro 72. La requisitoria di Caillaux, presidente della Commissione finanziaria, mette in evidenza la sfiducia generata ormai dal Governo di Leone Blum. Il senso del suo discorso è che non si può avere fiducia in un governo, il quale si presenta a chiedere cinque miliardi di nuove imposte senza offrire in cambio nessuna economia corrispondente e il cui programma di risanamento finanziario o non esiste o è costituito da un insieme disordinato di espedienti improvvisati sotto la pressione della necessità.
La politica che Blum e Auriol avrebbero voluto fare per ripristinare le finanze dello Stato era una politica di autorità. Essi avrebbero voluto applicare il controllo sulle divise, come si è fatto in Italia a in Germania ed impedire con la forza l'esodo dei patrimoni liquidi.
In linea di principio il programma sarebbe inattaccabile. Dopo gli esperimenti fatti in altri Paesi si può affermare che in circostanze straordinarie, una politica d'Autorità può essere opportuna.
Il nodo dalla questione, nondimeno, era in questo: che i sacrifici richiesti al Paese debbono trovare il loro corrispettivo nell'assoluta sicurezza che non varranno fatti invano. Se Leone Blum avesse dato alla Francia la prova di essere un amministratore oculato, il Paese gli sarebbe venuto incontro in tutti i modi,e, forse data l'ampiezza delle risorse finanziarle ed economiche francesi, certi rimedi draconiani non sarebbero nemmeno stati necessari. Ma in un anno di potere, il Capo del partito socialista francese non ha fatto altro che della finanza demagogica.
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