. Quest’ultimo, dopo i gravi problemi di salute e dopo una infelice esperienza nel commercio all’ingrosso della frutta abbandona Teramo con la numerosa famiglia per trasferirsi a Giffoni Vallepiana (Salerno). Muore a Teramo nel 1899.
TESTI DI RIFERIMENTO PER LE INFORMAZIONI SULLA FAMIGLIA ADAMOLI
Dattiloscritto di Umberto Adamoli: "Famiglie Strina-Adamoli. Da Como ad Aquila” (pubblicato all’indirizzo Internet: www.adamoli.org/umberto/approdo.html)
Dattiloscritto di Umberto Adamoli: "Nel romanzo della vita. Memorie" (pubblicato all’indirizzo Internet: www.adamoli.org/umberto/romanzo.html)
N O T E
(*) Federico Adamoli è nato nel 1963 e vive a Teramo. Cura un sito di famiglia (www.adamoli.org) e un portale abruzzese di mostre online (www.abruzzoinmostra.it) ß
(1) Processo verbale redatto presso la Gendarmeria Reale del Circondario di Teramo in data 27 giugno1857 (Archivio di Stato di Teramo, Fondo Polizia Borbonica, Busta 64 Fascicolo 6). ß
(2) Umberto Adamoli, “Famiglie Strina-Adamoli. Da Como ad Aquila”, pagina 67. ß
(3) Isidoro Strina viene ricordato tra i patrioti aquilani ne “La provincia dell’Aquila nel Risorgimento Nazionale” (Quaderni risorgimentali abruzzesi) di Giuseppe Buccella - Edizioni “Attraverso l’Abruzzo”, 1961 - pagina 20.
Nelle memorie familiari Umberto Adamoli sottolinea pure le vicende politiche per le quali l'ingegnere Isidoro Strina subisce la repressione borbonica: "Il 20 dicembre del 1849, la polizia borbonica, irrompeva, con la sua violenza, a Tempera. Molti, avvertiti in tempo, tra questi il Vicentini e l'Adamoli, riuscivano a sottrarsi all'arresto con la fuga verso la montagna; non riusciva, invece, lo Strina a sottrarsi alla cattura. Dalla istruttoria, che si iniziava subito contro di loro, risultava: 1. che i cospiratori erano stati spesso visti riunirsi anche nel caffè di Giacinto Pietrangeli, nel forno di Camillo Visca, nella farmacia di Giandomenico Tascione, nella casa di D. Andrea Rossi e nel Giudicato regio; 2. che scopo di tali riunioni era di tenere accesa, quali appartenenti al Comitato segreto della morte, di cui era capo il Vicentini, l'agitazione, tendente ad atterrire i realisti, a distruggere la sacra persona del Re e della reale famiglia, di rovesciare il governo e di stabilire la repubblica; 3. che in periodi diversi dagli stessi agitatori erano stati commessi atti di violenza, anche contro la Gendarmeria reale, assalendo la loro caserma e portando via le loro armi. Vi erano, inoltre, le accuse secondarie che i realisti, per odio di parte, presentavano numerose. Tutto ciò, quantunque fosse nelle previsioni, pur non mancava di gettare un certo turbamento nelle tre famiglie, le quali, per sottrarsi ad altre violenze, pure da parte della soldatesca borbonica, che aveva occupato militarmente Tempera, si ritiravano ad Aquila. Anzi, una compagnia di quella soldataglia si collocava nella casa degli Strina, saccheggiandovi quanto vi si trovava. Gli stabilimenti, per l'allontanamento dei dirigenti e di molti operai, anch'essi compromessi, dovevano sospendere ogni attività. Ma quella bufera, presentatasi così fosca, non toccava, non deprimeva gli animi forti dei generosi colpiti. Non emettevano un lamento quando lo speciale tribunale condannava l'ingegnere Isidoro Strina, già padre di cinque figli, a sette anni di relegazione, da espiarsi nell'isola di Ponza, ove era subito trasferito." - Umberto Adamoli, “Famiglie Strina-Adamoli. Da Como ad Aquila”, pagine 52-56. ß
(4) Umberto Adamoli, “Famiglie Strina-Adamoli. Da Como ad Aquila”, pagina 38.
Nelle indagini condotte dalla Polizia Borbonica di Teramo in seguito all'arresto del 1857, l'Intendenza di Aquila riferisce in data 15 agosto 1857 che Giuseppe non risulta tuttavia coinvolto in vicende politiche nel periodo della permanenza a Tempera, mentre è "censurabile nel lato della religione e della morale, non adempiendo ai doveri della prima, e frequentando le donne di cattivo costume" (Archivio di Stato di Teramo, Fondo Polizia Borbonica, Busta 64 Fascicolo 6). ß
(5) Umberto Adamoli, “Famiglie Strina-Adamoli. Da Como ad Aquila”, pagina 67. ß
(6) Alla Ramiera di Villa Tordinia, oggi in stato di abbandono, esiste tuttora l’iscrizione ‘CDS 1857’ soprastante l’ingresso. ß
(7) Umberto Adamoli, “Famiglie Strina-Adamoli. Da Como ad Aquila”, pagina 99. ß
(8) Questi registri venivano compilati attraverso l’uso della carta carbone che, posta tra il foglio originale e il foglio del registro, determinava la copia della lettera. Ma, prima che la carta carbone fosse inventata, esisteva il metodo del torchio: “Il metodo consisteva in una vaschetta di lamiera, entro la quale si inumidivano con acqua, delle pezzuole di tessuto spugnoso del formato carta da lettere. I testi da riprodurre, dovevano essere scritti con inchiostro copiativo, a macchina o a mano. La copia si otteneva su un apposito registro, chiamato ‘copialettere’, consistente in un libro di fogli di carta velina. L’originale, si inseriva nel libro, si ricopriva con una delle pagine di carta velina e, al di sopra di questa, si sistemava una delle pezze umide. Era possibile continuare, inserendo altro originale, altra velina e altra pezza, sino all’esaurimento degli originali. Chiuso il copialettere, lo si pressava sotto un torchietto, girandone il manubrio. L’umidità delle pezze, attraversava i fogli di velina. e raggiungeva la scritta copiativa del sottostante originale, la quale, sciogliendosi parzialmente, lasciava traccia sulla velina medesima. Dopo qualche minuto, si ritirava dal torchio il registro, sui cui fogli rimanevano riprodotte le copie degli originali” (da: "Memorie di un ottuagenario", all’indirizzo Internet www.poesia-creativa.it/vecchiogiorgior6.htm - Giorgio Vecchio, milanese, ha pubblicato insieme a poesie e filastrocche per bambini, le esperienze personali che ripercorrono il periodo della sua esistenza fino al 1945). ß
(9) Copia-lettere di Giovanni Adamoli, negoziante di rame in Teramo (16 aprile 1890 - 28 febbraio 1892) ß
(10) Giorgio Roverato: "Il problema delle fonti nella storia industriale", in: Economia e società nella storia dell'Italia contemporanea. Fonti e metodi di ricerca, a cura di Antonio Lazzarini, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura / Istituto per le Ricerche di Storia sociale e di Storia religiosa, 1983, pagine 165-183 (ora in G. Roverato. Scritti di storia economica, Padova. La Modernissima, 1995) ß
(11) Copialettere citato pagina 11 ß
(12) Copialettere citato pagina 11 ß
(13) Copialettere citato pagina 22 ß
(14) Copialettere citato pagina 23 ß
(15) Copialettere citato pagina 30 ß
(16) Copialettere citato pagina 9 ß
(17) Copialettere citato pagina 12 ß
(18) Copialettere citato pagina 8 ß
(19) Copialettere citato pagina 25 ß
(20) Copialettere citato pagina 14 ß
(21) Copialettere citato pagina 18 ß
(22) Copialettere citato pagina 489 ß
(23) Da questo momento la gestione della Ramiera di Villa Tordinia viene verosimilmente proseguita in via esclusiva dalla famiglia Spinozzi, dalla quale i fratelli Adamoli avevano ricevuto in affitto, a partire dal 1 agosto 1888, le strutture di Villa Tordinia destinate alla lavorazione del rame. Questa notizia si evince da una “scrittura addizionale” del 2 marzo 1890, che costituiva una parziale riforma degli accordi originari stipulati tra i fratelli Spinozzi (Pietro e Luigi, in nome anche degli altri fratelli) e i fratelli Adamoli (Gelasio e Giovanni). Della prima scrittura privata del 1888 - che forse chiarirebbe in maniera esauriente il preciso ruolo di ciascuna famiglia nella conduzione della ramiera - non rimane traccia. Nella scrittura integrativa del 1890, oltre a desumersi che gli Adamoli effettivamente ricevono in affitto dagli Spinozzi le strutture destinate alla ramiera, vengono specificati una serie di lavori di sistemazione che gli Spinozzi si impegnavano ad eseguire. La descrizione di tali lavori fornisce indicazioni su alcune caratteristiche della Ramiera di Villa Tordinia: gli Spinozzi “si obbligano d’accomodare il capoforma con l’adoperare dodici colonnette in legno rovere situati a due a due, e fornite di traverse con pietre per rendere un poco più resistente il capoforma dalle piene” (ma a questa sistemazione le parti rinunciano per una impossibilità di esecuzione), di “fornire di balaustra il loggiato che sta nella casa d’abitazione vicino la strada nuova rotabile”, di “fare una scala in legno per accedere alla carbonaia nel locale della ramiera”, di “fornire il fuso di due capiferri, compreso quello già esistente”, di “accomodare il terreno ora incolto che trovasi a sinistra di chi da Teramo va a Montorio nel lato opposto alla casa di abitazione, fornendo di un muretto a pietra sciolta e scassando il terreno, ciò dopo essersi ottenuto la linea dove impiantare il muro dell’Ufficio del Genio Civile Governativo”. ß