Numerose sono le accuse che vengono formulate ai 25 arrestati - quasi tutti di Paganica - nella fase istruttoria: si va dalle minacce verbali al lancio di pietre verso persone ed abitazioni, dalla associazione segreta rivoluzionaria, alla promozione del malcontento verso i regnanti borbonici, oltre a specifici episodi quali il dileggio e la rottura di un mezzo busto di gesso raffigurante il Re situato presso la Cancelleria del Giudicato Regio di Paganica, ed il disarmamento arbitrario di tre militari nella ex Reale Gendermeria.
Per chiarire il clima di tensione e di provocazione che esisteva in quei tempi a Paganica tra realisti e rivoluzionari, si può attingere all'esposto di accusa presentato nell'ottobre 1849 da Giovanni Vivio, nel quale questi richiede espressamente l'arresto di Ascanio Vicentini, che avverrà effettivamente il 12 dicembre successivo, quando il capo del comitato rivoluzionario viene prelevato nel locale del Giudicato Regio di Paganica e condotto nel Carcere Centrale di Aquila, seguito sei giorni dopo dal cognato Isidoro che viene prelevato nella pubblica Piazza di Aquila, presso la bottega di D. Francesco Palumbo. |