In occasione del primo interrogatorio subito in carcere, Ascanio Vicentini, nel tentativo di discolpa, ritiene di ravvisare il rancore che Giovanni Vivio nutre nei suoi confronti, dall'unico incontro che ha avuto con questi, nel corso del quale si verifica un curioso episodio che Ascanio stesso racconta: "Fra la fine di Ottobre ultimo, e principi di Novembre, il che precisamente non ricordo, trovandomi nel botteghino dei generi di privativa sito in Tempera, osservai che il suddetto Giovanni Vivio fattosi accomodare l'ombrella da un'ombrellaro, il quale a caso si era fermato a poca distanza dalla porta d'ingresso dell'enunciato botteghino, se ne andava via nell'atto stesso che l'ombrellaro faceva premura per essere pagato. Commosso io dalle giuste rimostranze di quest'ultimo, dissi al Vivio di dovere pagare, ed il medesimo allora replicò che non aveva monete di rame, tenendo semplicemente una moneta di Carlini 12. Risposi allora che cambiasse, ed il Vivio si avviò, mostrando di voler ciò eseguire, penetrando nel botteghino, dal quale mi trovavo già uscito, per modo che l'alterco ebbe luogo sulla strada. Ritornò dicendo di non aver potuto cambiare i 12 Carlini, e con sfrontatezza senza pagare l'ombrellaro, si allontanò borbottando, e facendo segni di minacce contro di me: minacce che furono del pari eseguite da Daniele Masciovecchio, il quale stava insieme con Giovanni Vivio". Vicentini smentisce anche l'inimicizia nei confronti della famiglia del Vivio, sottolineando anzi che con il padre di Giovanni, Bartolomeo, "giuocai amichevolmente del rosolio, o altro picciol oggetto" nel botteghino dei generi di privativa di Tempera.
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