Le lettere raccontano... (epistolario di famiglia)


Lettere dal carcere di Regina Coeli
[pubblicato l' 11 aprile 2014]

      Nel 1932 Altobrando Adamoli, poco meno che ventenne, insieme ad altri giovani teramani partecipa alla organizzazione giovanile del Partito Comunista. Sotto i portici del Caffè Fumo è in programma un incontro con il dirigente comunista (e futuro parlamentare della repubblica italiana) Carmine Maglietta; a causa della leggerezza di alcuni dei componenti il gruppo viene però sgominato, ed i componenti arrestati. Tra questi vi è anche Altobrando. In seguito ai fatti di Teramo il Maglietta viene anche espulso dal partito, ma successivamente viene reintegrato. Gli arrestati vengono deferiti al Tribunale Speciale, e nel corso del 1933 vengono prosciolti in seguito ad una amnistia legata alla ricorrenza del decennale della Marcia su Roma. Durante la permanenza nelle carceri giudiziare di Regina Coeli in Roma Aldobrando scrive alcune lettere ai familiari, delle quali pubblichiamo quelle inviate al cugino Alfredo ed alla zia Rosa.
      Altobrando Adamoli nacque a Teramo nel 1913 e morì nel 1998 a Genova, dove si era trasferito insieme al fratello Gelasio (sindaco della città e senatore comunista). Era figlio di Vincenzo, commerciante, che nel 1926 fu tra i fondatori della sezione teramana del partito comunista italiano. Nella storia della resistenza teramana, di Altobrando Adamoli si ricorda la partecipazione con il fratello Gelasio ai fatti di Bosco Martese, il primo episodio di resistenza in campo aperto nei confronti dell'invasore tedesco. In quella occasione il primo colpo di cannone che colpì la testa della colonna tedesca fu sparato dai fratelli Adamoli (Altobrando era un fante non graduato, Gelasio un ufficiale). Altobrando, qualche anno prima di morire, tornò a Teramo per un incontro organizzato dal Partito di Rifondazione Comunista in via Trento e Trieste, e rievocò il passato. In compagnia di Sandro Melarangelo si recò al cimitero a visitare la tomba dei parenti, esprimendo il desiderio (irrealizzabile perché desiderava di essere cremato) di essere tumulato nella città d'origine. Il prof. Melarangelo lo ricorda come persona fine e raffinata (suonava anche il violino) e ricorda bene le parole per la bellissima giornata trascorsa a Teramo, con il rammarico di non poterlo raccontare alla moglie Giorgina, scomparsa da poco (la moglie morì nel 1991)


Altobrando Adamoli in compagnia della moglie
Giorgina e della figlia Simonetta



CARCERI GIUDIZIARIE
585/6 Adamoli Altobrando

Roma 4/7/32

            Carissima Zia Rosa,

       non avevo mai avuto occasione di scrivervi e né mai ho pensato che questa occasione mi capitasse proprio, anzi che mi toccasse scrivervi per la prima volta da dove ora io mi trovo.
       Comunque lo fo con tanta gioia, anzitutto perché è quasi una mia necessità riavvicinarmi a quelli che nella vita libera erano al primo piano tra i miei affetti rimasti e che sono certo, non si sono dimenticati di me, in questo triste caso, che mi priva delle visioni più dolci e che mi dissocia dall'ambiente al quale ero fortemente affezionato.
       Non penso neanche che la reputazione che avevo presso di Voi, si sia minimamente scossa. Voi siete stata per me quasi come una mamma, ed avete avuto agio di ben conoscermi, e con Voi anche tutti gli altri. Non temo affatto quindi che nella Vostra mente sorga cattivi pensieri a mio riguardo e questa certezza mi rende tranquillo.
       Non so come abbia epilogo questo avvenimento della mia vita, veramente fuori programma, pertanto i cari ricordi di Voi e di quanti erano parti più salienti nel quadro della mia vita libera, danno costantemente nuova forza al mio spirito di poter affrontare gli eventi con tutta calma e privando di preconcetti, che potrebbero turbare la mia tranquillità.
       Fisicamente sto molto bene. Questa vita sedentaria sembra sia fatta proprio per me.
       Voi state bene, vero? I più cari saluti a Maria ed a Pio (che ricordo entrambi sempre con tanto affetto).
       Il sig. Alfredo non si decide a scrivermi. Ah benedette ragazze!
       Saluti ancora a Gelasio e a Maria. Giuliana che pensa di me? E Anna Maria?
       Tanti saluti a Riccardo ed un'infinità di baci, pieni di amor filiale a Voi.
       Vostro nipote
             Brannino



CARCERI GIUDIZIARIE DI ROMA
585 Adamoli Aldobrando

Roma 9/8/32

             Caro Alfredo,
       essendomi oramai convinto di non poter essere allietato di un tuo scritto mi permetto, sperando sempre di farti cosa grata, di scriverti io.
       L'amicizia, in certi casi, (i più) specie l'amicizia pura e schietta come la nostra, è di una necessità della quale assolutamente non si potrebbe fare a meno. Ed io ho sempre fiduciosamente confidato nella nostra, certissimo che in questo caso non sarebbe venuta, da parte tua, a mancarmi.
       Non sono qui a farti stupide lamentele solo a rievocarti brani della nostra vita (che io ricordo perfettamente) per dimostrare a te, che ne sei stato, con me, l'attore principale, l'impossibilità di un distacco.
       Avrei tutte le mie buone ragioni per crederlo, ma, come tu stesso avrai di qui capito, istintivamente mi trovo a non poter accettare questa opinione.
       Ho cominciato col dirti che in certi casi l'amicizia occorre necessariamente. In verità, potrei anche dirti ora, attingendomi alla esperienza, che quando essa manca, si vive lo stesso. Uno può riconoscere il benefico effetto quando essa si manifesta in tutto il suo grande e sublime valore. Mancando invece questa manifestazione, non se ne conosce il grande merito ed allora si sta bene lo stesso.
       Ma qui il contrasto. Io sono stato privato di un'amicizia proprio quando essa mi necessitava fortemente. Peggio ancora ho avuto sempre perfetta cognizione di questo sentimento e ne conosco quindi tutta la sua potenza nel caso mio, risanatrice.
       Ma, tu mi dirai, com'è che prima hai detto che senza essa si vive lo stesso? Ma ora mi affretto ad aggiungere che sì, si vive lo stesso, ma non si vive bene, ciò che non è quindi la stessa cosa.
       Giorni fa ho ricevuta una cartolina da certo Ginaldi Gino. Ti dico la verità, che nel mio intimo ne sono rimasto alquanto mortificato. Pensavo che si ricordavano di me persino persone che non ricordo perfettamente chi siano e non tu.
       A proposito, ti prego fare i miei ringraziamenti a questo Ginaldi e gli dirai che sono nella impossibilità di farglieli direttamente. Non ancora mi riesce di ricordarmi chi lui sia, pertanto, se tu lo conosci, ti prego farmene una descrizione.
       Spero che questa volta, anche per correttezza, ti deciderai a scrivermi. Se ho dubitato nella tua amicizia non ho mai dubitato sulla tua correttezza e sono certo che vorrai smentirmi...
       Tanti cari saluti a Zia Rosa. Per mancanza di spazio farai un saluto cumulativo a tutti di casa tua.
       Ti abbraccio affettuosamente.
             Brannino






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