Ultimo figlio di Antonio Adamoli e Caterina Adamoli, il nonno Mario Adamoli è nato all’ ”Ortello”di Narro il giorno 8 agosto del 1918. All’epoca Narro non era frazione di Casargo, ma era così popolato che da solo faceva comune. Quando nacque il nonno, il bisnonno era imbarcato sulle navi come cuoco e la bisnonna Caterina gestiva in sua assenza l’ ”Ortello”. La sua infanzia l’ha passata a Narro insieme all’unico fratello rimasto, Fortunato, di lui più vecchio di otto anni. Ha frequentato le scuole elementari sempre a Narro (a quei tempi la scuola si trovava dietro la chiesa di San Martino). Durante la seconda guerra mondiale è stato mandato in Africa, dove prese un’infezione intestinale e fu rimpatriato. Ritornato a Narro, divenne partigiano e di seguito andò a Nettuno a frequentare l’accademia di polizia e divenne agente di pubblica sicurezza.
Trasferitosi a Milano, conobbe mia nonna Liliana Rastelli. Si sposò nel 1946 e nel 1947 nacque mia mamma. In quel periodo la nonna era portinaia della casa in cui abitava con il nonno e la mamma e suo padre in Viale Piave. Nel tempo libero il nonno, insieme a suo cognato Mario Colombo, aveva costituito un’impresa di riparazione di tapparelle. Un giorno in uno dei loro interventi, in casa di una contessa, il nonno venne a sapere che si cercava personale per pulire il campetto di calcio dei giornalisti del “Corriere della Sera” (giocavano come dilettanti ogni sabato) e così poiché il lavoro non era mai abbastanza, iniziò ad andare a pulire quel terreno.
Dopo un po’ di tempo gli fu proposto di seguire un corso interno del “Corriere della Sera” per diventare tipografo e dato che alla nonna Lilli non piaceva che lui, avendo una famiglia, rischiasse spesso di prendersi una pallottola in corpo rincorrendo sui tetti i ladri, accettò. Così nel 1949 lasciò la polizia e iniziò a lavorare come addetto alla composizione: doveva impostare le pagine del giornale che poi erano portate dal direttore per essere approvate. Naturalmente maneggiando il piombo gli davano spesso il latte da bere (così mi ha raccontato la mamma). Lì lavorò fino alla metà degli anni ’70, collaborando con Indro Montanelli e Walter Molino (la mamma aveva la fortuna di avere in anticipo di una settimana il “Corriere dei Piccoli” e le bozze dei disegni di Molino).
Nel frattempo cambiò casa e andò a vivere in via Gluck al n° 10, nell’appartamento sopra alla famiglia (allora sconosciuta e povera) Celentano. Quante volte il nonno, molto generoso, ormai con un modesto stipendio diede alla sorella di Celentano soldi per comprare pane e prosciutto. Nel 1953 nacque mio zio Pierantonio (Nino) e poi nel 1963 mia zia Renata (Tata). Nel frattempo mia nonna Lilli si ammalò di tubercolosi e per questo fu mandata al sanatorio di Monte Barro, dove un giorno Adriano Celentano, ormai divenuto famoso, per riconoscenza verso il nonno diede uno spettacolo; vedendo il posto pieno di verde decise di costruire la sua villa, poco lontano da lì, a Galbiate.
Con la nonna Lilli in sanatorio il nonno e la mamma, ormai sedicenne, dovettero crescere lo zio e la zia da soli. La nonna tornò a casa dopo tre anni e nel 1975 a quarantanove anni morì per un’ emorragia interna nel giro di dodici ore. All’epoca la mamma era già sposata da tre anni, e in casa con il nonno rimanevano lo zio Nino e la Tata. Quest’ultima per un periodo venne ad abitare con noi in via Caccianino, vicino a Piazzale Loreto (allora avevo due anni, ma lo ricordo bene) per aiutare il nonno. Nel 1979 si liberò un appartamento sopra il nostro e così il nonno e la Tata si trasferirono lì. Quando poi nel 1981 la mia famiglia ed io ci siamo trasferiti a Tremezzo (a causa del lavoro di papà) il nonno veniva a trovarci così spesso che alla fine decise di venire anche lui a vivere qui sul lago, dove il 25 settemre 1986, a sessantotto anni, morì di un’ulcera perforata.
Il carattere del nonno era molto generoso, ed era amico di tutti. Per fare un esempio, quando c’erano le lotterie, pur di far beneficienza, era capace di comprare anche tutto un blocchetto di biglietti. Elegante, portava sempre giacca, panciotto e cappello, che secondo me gli dava un tocco di eleganza in più (dopo esser stato operato di cataratta portava anche il bastone). Amava tanto il suo paese da tornarci ogni anno per le vacanze estive, e durante questi suoi soggiorni la mattina faceva sempre una lunga passeggiata da Narro verso Mornico, un chilometro di percorso tra una natura incontaminata e paesaggi da favola.
Questa è la storia del nonno Mario.
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