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Annali della città di Bologna dalla sua origine al 1796
Tomo Secondo
Salvatore Muzzi
Tipi di S. Tommaso d'Aquino, 1840, pagine 639

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a cura di Federico Adamoli

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   5oo ANNALI
   Magnati della Città e del Contado di lire cinquecento, ed ai popolani di trecento, atterrando inoltre la. casa dove il bandito qualunque ti rinvenisse , e togliendo la protezione del Comune e del popolo di Bologna ai Chierici ed Eoolesiastioi caduti in condanna, senza diritto a lagnanza ove ricevessero insulti nella roba o nella persona: che wiun Avvocato o Procuratore potesse alla presenza di qualsivoglia maestrato prender difesa di nessun ribelle, sotto le medesime pene : che i confinati dovessero starsi ne* luoghi ordinati loro dal Consiglio Felsineo, con multa di trecento lire per volta ai Magnati inobbedienti, e di cento a'popolani.
   Narra il Gbirardacci che in Agosto (4) i Bolognesi mandarono dugento cavalli alla guardia del Castello di Lugo, i «piali unitisi oo'Lughesi, pas-saron nel territorio di Faenza, dove furono al cimento delle armi con quelli della Città, e li sconfissero, e ridussero a fuga, e ne fecero alcuni prigioni.—Poco appresso (ra Agosto) vennero a noi Ambasciatori de Riminesi e de' Cesenati, che chiesero ed ebbero soccorso per difendersi contro loro nemici.—Pertanto Bittino di Guidone Cappelli andando alla terra suddetta di Lugo, in servigio del Comune di Bologna, dai Lambertazzi fu preso, carcerato, e poi condotto a Dozza, dove sopravvenendo Giacomuccio de' Prìncipi, operò di guisa con essi Lambertazzi , che Bittino venne condotto alle carceri d'Imola, acciocché vi fosse più tormentato che mai : e quivi in fatti gli strapparono i denti e gì'imposero taglia sì grave, che per pagarla dovette vendere quanto possiedeva in Bologna. £ perchè lo stesso infortunio accadde pure al genitore di Bittino, il povero vecchio si morì in carcere di stento e d'angoscia. Il Comume Felsineo, cui venne saputa cotanta indegnità» volle risarcire d'alcuna guisa Bittino, e a lui assegnò la possessione di tutti i beni dell'iniquo istigatore Giacomuccio. — Poi passati a Dozza nell'Imolese v tentarono indarno espugnarlo : e noi potendo «