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Annali della città di Bologna dalla sua origine al 1796
Tomo Secondo
Salvatore Muzzi
Tipi di S. Tommaso d'Aquino, 1840, pagine 639

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a cura di Federico Adamoli

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   ANNALI
   cadrebbero nella pena della testa, e nella confìsca-zione de'beni, come traditori. Ma però se il detto Pagliarino col sunnomato Pietro fossero trovati od accusati di aver dimorato o poco o molto nelle case loro, o nelle torri o nelle fortezze, o poco o assai, benché avessero la precitata concessione, vedrebbero le loro terre devastate, i loro edilìzi spianati dalle fondamenta.
   Ed acciocché i nobili che avevano fortezze nel Contado di Bologna, non potessero ai malfattori dar recapito, non volle il Consiglio che più oltre si stessero in tali fortezze, né più le guardassero, ma ciò si facesse da genti fedeli al Senato, alle spese però di essi nobili. E a quelli che contraddire volessero, sarebbero ruinate le fortezze irremissibilmente. Fatto questo, di nuovo bandì dalla ringhiera del pubblico palazzo, che chiunque uccidesse i trasgressori, se era bandito fosse liberato, Fenza pagar cosa alcuna ; purché non fosse tra gli esigliati dell'anno i3o6, ed ottenesse in dono di sopravvanzo lire trecento: e chi uccidesse i seguaci de'malfattori venisse liberato dal medesimo bando, ed avesse regalo di lire centocinquanta.
   Quei da Cuzzano pertanto avevan fatto peggio che mai ; per cui il Consiglio , affinché Pagliarino ed i seguaci suoi fossero perseguitati, uocisi o fatti prigioni, ordinò si radunassero cento cavalli e dugento pedoni da essere eletti dai Ministrali delle due Società alle altre superiori (ché a quei tempi si nominavano per turno mensuale due Società fra le venti, le quali stessero le prime): così pareva possibile provvedere ai mali ed alle occasioni di quelli.
   E in questo mezzo vennero Ambasciatori alla Città di Bologna mandati da diverse terre e Città amiche, per vario motivo. E prima Bonifazio della Specenga da Reggio con lettere della sua patria e di Giberto da Coreggio, dov'eran notizie della condizione e stato di essa Città : i Fiorentini scrissero al Consiglio intorno ad un parlamento da tenersi