BOLOGNESI
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leggiate e maestro Jacopo, quando il Legato Orsini •oagliò l'interdetto sulla Città a lui ribelle, e sullo Studio ad essa Città così proficuo. E tale supplica od informazione al Consiglio era dettata in nomo ancora de*Rettori dell'Università, e mostrava tutti i danni di fresco occorsi per lo disertamento dello Studio, da molti illustri Dottori abbandonato, « si proponeva come uno de'mezzi più acconci a risarcirli il richiamare adunque il Belvisi esimio prò-* fossore di cose civili, per la cui scienza e riputazione lo Studio di Perugia si sosteneva; al quale Belvisi però in virtù d'una riformazione sagratissi-ma s'intimasse di dover venire a Bologna, con prestare ad esso e ad un figliuolo di lui che seco era ogni sigurtà e fidanza ; e che inoltre esso ed i suoi discendenti da quel punto s'intendessero di parto Geremea, e come tali fossero trattati, secondo la domanda fatta sei anni prima dal Principe di Taranto; domanda, siccome essi dicevano, in sé stessa assai giusta e ragionevole, per essere stato il Bel-* visi Consigliere del Re Carlo protettore de' Guelfi, e per avere sempre soggiornato in Città Guelfe, e non altrove. E ricordavano infine che ciò tosto sì facesse, affinchè egli frattanto non s'obbligasse con qualche altra Città, volendo intendere senza dubbio quella di Siena, che a tutto suo potere lo Studio vacillante di Bologna cercava in sè di trasferire.— A questa domanda dei Rettori e di tutta l'Università, soddisfece il Consiglio, come più innanzi vedremo. — Ma pur troppo in questo tempo non mancavano alcuni tristi di spogliare lo Studio Bolognese di Dottori e di scolari, e di chiamarli ed allettarli a quello di Siena, di che il Senato ed il popolo sentivano dispiacere sincerissimo. S
Serchè Paolo de'Liazari Dottor Decretale, e Gui* otto e Guglielmo della stessa famiglia avevano data sigurtà di leggere ed insegnare nella propria patria, nè d'indi mai dipartirsi , e poi avevano mancato alla fede promessa; così il Consiglio sdo* gnato che tal vergogna facessero i cittadini alla
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