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Annali della città di Bologna dalla sua origine al 1796
Tomo Terzo
Salvatore Muzzi
Tipi di S. Tommaso d'Aquino, 1841, pagine 718

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a cura di Federico Adamoli

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   ANNALI
   Compagnia dei Fabbri. Ed ecco tosto si cominciò la demolizione delle beccherie presso le case che furon già dei Lambertini, dei Fabbri, e della famiglia dalle Lancie, e venne dato principio all'edilìzio, sovrastandovi a modo di archittetti i Frati Predicatori ed i Minori Conventuali.
   Accadde in quest'anno che alcuni avversari della pubblica quiete , e del Comune di Bologna, macchinando ai danni del medesimo, scrivessero lettere tali che tutti i £atti disordinavano del Comune, e le suggellassero con timbro falsificato: il perchè mentre il Consiglio diedesi a scoprire questi malvagi, ordinò un nuovo differente sigillo, il quale resterebbe sempre presso il Priore degli Anziani, e sarebbe ripetuto nella impressione dentro e fuori di ogni scritto pubblico.
   Or mentre gl'indegni aveano falsato il sigillo del Comune, al quale sconcio riparò provvidamente il Consiglio, un' altra turba di malvagi tentò nuovo ed inaudito modo di nuocere alla parte di Chiesa ed alla Reggenza della Città di Bologna. Costoro, traendo profitto dalla molta distanza fra noi ed il Pontefice, furono ad Avignone al Papa Giovanni (cosi ci narra il Ghirardacci) e con lettere particolari e finte mostravano di essere Ambasciatori mandati dai Bolognesi, e negoziavano il contrario di quello che desiderava il Consiglio di Bologna; di che avvisati i Bolognesi, subito scrissero al Papa che non prestasse fede ad alcuno che si spacciasse loro Ambasciatore, se prima non presentasse le lettere di nomina, munite queste lettere del sigillo della Città di Bologna ; ed annunziavangli che di presente nominava questa per veri Ambasciatori Tommaso de' Beccaaelli , Araldo do' Vetri o Bartolommeo Terrafini Monaco di santo Stefano.— Questo è ciò che narra il prefato scrittore ; ma poiché non accenna di dove abbia tratta questa notizia, e non dice nè chi fossero tali finti Ambasciatori, né che di loro avvenisse, sono tratto a credere non essere cosa di fatto ma tradizione ciò ch'egli narra:
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