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Annali della città di Bologna dalla sua origine al 1796
Tomo Quarto
Salvatore Muzzi
Tipi di S. Tommaso d'Aquino, 1842, pagine 546

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a cura di Federico Adamoli

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   ANNALI
   cosa fa tanto addolorato il combattuto Bertti^oglio, che noi potrà intendere se non chi abbia provato che voglia dire l'umiliazione dopo l'orgoglio, la servitù imminente dopo il comando , lo scherno pubblico dopo la pubblica venerazione. 11 perchè Giovanni , volto a que' pochi che trovava pronti alle insegne, con parole interrotte dall' amarena ne lodò il buon animo, ed accommiatolli. Poi, ritornandosi al Palazzo, sospirando sclamava: Piae-eia a Dio ch'io solo vuoti questo calice amaroe che il popolo bolognese non ne beva la feccia !
   Pur non volendo mancare a sè stesso ed alla patria, mandò novelli ambasciatori a Fiorenza, Lam-bertino de' Canetoli, dottore, e Matteo Gridoni ,
   r:chè impetrassero genti da qnella Repubblica, le impetrarono : imperciocché i Fiorentini, cui troppo premeva che Bologna non cadesse schiava del Visconti, mandarono tostamente la Compagnia della Rosa, ch'era di trecento lance, la quale fu da Giovanni spedita a Casaleoohio di Reno, dove Ber-nardone da Guascogna, principal capitano del Bentivoglio , poneva il campo, e s'apparecchiava coi pochi alleati a sostenere lo scontro del Visconti e di tntti i Ducali congiurati, cui troppo gravava la dominazione bentivolesca, e i quali spenta la volevano anziché si facesse grande e temibile.
   £ frattanto Bente Bentivoglio aizzava con maligne parole il Duca di Milano a battere e sconfiggere Giovanni, e gli dipingeva lo stato incerto di Bologna, accendendo ad un tempo anche il Barbi ano all' impresa, e sollecitandolo a vendicare la morte del fratel suo, cui fecero i Bolognesi tanta ignominia. Alle parole seducenti di lui si persuase il Conte Alberigo e più che altri il Visconti, cui troppo allettava il pensiero di aggiungere Felsina ed il Contado alle sue molte signorie. Al qual fine quel cupido Duca, mandò a'danni di Bologna dodici mila cavalli e cinque mila fanti sotto la condotta di Giacomo Del Verme capitano generale; col quale movevano ancora Paudolfo e Carlo Malatesti