BOLOGNESI
i5
che guardava ad Alessandro e cominciava a balbettare il dolce nome di nonno. Stette due giorni lo Sforza in Bologna, dove fu trattato sontuosamente, e si partì dalla famiglia e dall' amica Città, recandosi allo stipendio del congiunto suo lo Sforza di Milano.
Ed ecco pel Contado nostro un viver libero e scostumato, un accattar brighe, un abbaruffarsi, un ferirsi per la più piccola cosa. Genti che nel-l'andato secolo e nel principio di questo avevano esulato cento volte, che cento volte erano state op-
E resse o cacciate dai lor focolari per fatto di mi-zie straniere o di guerre intestine, trovando ora più mite la reggenza di Felsina, che procedeva a eiviltà, e non essendo essi inciviliti come i tempi e i cittadini desideravano; dividevansi in aspri partiti fra loro , battevansi, urtava n?i, aizzatami con ogni mezzo d'insulto, sicché la vita agreste e dolce 1 ' 1 ' ' * fantasia
del* Bolognese che sorgevano in ispesse risse furono Cento e la Pieve, che venivano al ferro ed al sangue per antiche discordie parziali, e mettevano a tumnlto, e partivano in ischiere avverse tutti gli' abitatori compatrioti. Erano vent' anni che un Lorenzo Benzetti fu morto alla Pieve di Cento , essendone cacciati ad un tempo i figliuoli e la fami^ glia , per ordine di un Checco Tuttoboni e per mano di un Nanne de' Chiarini. Ora dunque, dopo vent' anni, i figliuoli del Benzetti reoansi armati con alcuni compagni da Cento alla Pieve, e scontrato il Tuttoboni lo fanno in pezzi sulla piazzetta del Castello, e gridando quindi viva la Lega, viva il Vescovo di Bologna, viva Giovanni Behtivoglioj si danno a scorrere all' impazzata tutta quanta la Pieve. Ed ecco gli uomini del Castello brandir le armi, correre alla piazza, appiccar badalucco : poi ritiratisi i due partiti , si fortificarono nelle mi* gliori case in parti opposte, intesi sempre a danneggiarsi come meglio potessero. Venne fatto pertanto
Castelli