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ANNALI
Tivoli, che si recava poi di quivi a tutte le città dentro il circolo di cento miglia da Felsina, imponendo loro in nome del Pontefice (sotto pena dell' interdetto ) di non dar ricovero ai Bentivoglio., ma cacciarli più lungi dal piccol Reno. — Giovanni ed Annibale, ch'erano a Borgo san Donino, passarono tra poco a Milano: gli altri non ubbidirono perchè inesperti o caparbi.
E mentre questo si agitava dal Tevere al Reno, e dal Reno all' Olona, un nemico acerrimo dell'espulso Bentivoglio, non potendo fra noi vendicarsi coli' uomo si vendicò coli' effigie. Entrò costui nella Chiesa della Madonna di Galliera, dove Giovanni ebbe fatto porre per voto ( secondo consuetudine de'tempi ) un simulacro proprio di cera prostrato innanzi alla Vergine. Vederlo, percuoterlo di una ronca t farlo in pezzi ed uscire fu un punto solo. Ne fecer le meraviglie coloro ohe in chiesa si stavano , e più quando seppero che il vile iconoclasta fra pochi giorni era cadavere.
Ciò avveniva mentre il novello Senato di Bologna ed il Legato Pontificio facevan levare dal palazzo Bentivoglio ottocento pezzi di armi , e in quello della reggenza le volevano trasferite ; e mentre un Bottari, due Cartai , un Ronchi , un Viola ed un Mantovani erano appiccati alle forche per aver sollecitato con iscritti i Bentivoglio a ritornarsene in Bologna ( sta Marzo ).
Nel tempo stesso aveva il Papa ordinato in concistoro che tremila ducati fossero tratti dagli averi di Giovanni a soddisfarne i debiti e a rintegrarne le estorsioni. E già, sotto colore di dare eseguimento al decreto papale, molte biade gli erano state predate, molte case poste a ruba. Pare (secondo il Ghi-rardacci) che venticinquemila corbe di varie biade fossero nel Palazzo Bentivoglio , e cinquemila di vino; colle quali derrate fu provveduta di vitto-vaglia la nascente cittadella di Galliera.
E Giovanni ? Egli seppe di tale vicenda delle sue cose, e drizzò lettere ( innanzi di lasciar Borgo
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