BOLOGNESI
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die in questo stato imperavano, posero in me tanto amore, tanta fiducia, che mi diedero il comando delle loro milizie, nelle quali stava la salute del ducato , e li ricambiai di tale fedeltà, che molto ebbero a caro i miei servigi. E quando espulsi da Milano, lor succedette il Re Cristianissimo, non fu minore la mia devozione alla corona di Francia. Mi si conceda rammentar solo che al ritornare di Lodovico Sforza, già occupata assai parte del milanese , fu d' uopo alle genti d' arme di Sua Maestà, eh' erano in Romagna, muover contro dello Sforza; onde passarono per quel di Bologna, ma paurose d' esser fatte a pezzi o sbaragliate almeno dai Felsinei ; ciò che non avvenne, perchè m' interposi io, e diedi ad esse fidanza, e le feci transitar sicure ; sicché derivò salvezza al regio esercito, e colla salvezza la vittoria. Che se attaccate venivan tali genti ( come alcuni volevano ) forse la Maestà Sua oggi non sarebbe vittoriosa in questa parte d'Italia. Al volere dell' augusto Re si fu sempre per me ubbidito: e così a quello di Papa Giulio, cui non volli resistere ; nè più in Bologna son rimasto, ad un> cenno di lui. Ed ora si crederà che io, abbandonata la patria per obbedirlo, avessi pensato a ricon-durmivi , o^consentito che altri lo tentasse a suo malgrado? E testimonio Iddio della verità de'miei 1 detti. Non solamente non assentii che i miei figli adunasser soldati per rientrare in Bologna, ma gli esortai a soffrir meco la medesima fortuna, li dissuasi da qualunque moto ; chè ben sapeva come senza beneplacito di sua maestà, qual si fosse lor tentativo non potea che aggravar nostra sorte: ma quegli incauti per troppa brama di ripatriare sono stati sordi a' miei consigli, e inconsideratamente si sono attenuti ai propri, che nella vergogna ci hanno involti, e nel danno; poiché a loro rimane perpetuo lo scorno d'una fuga, a me, incolpevole, il dolorare fra codeste ritorte. „ Qui dal pianto oppresso, e dall' ambascia, 1' infelice vecchio si tacque. Ma la ricordanza di ciò eh' egli era un giorno, il suo