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Biografia di un bandito
Giuseppe Musolino di fronte alla psichiatria ed alla sociologia
E. Morselli - S. De Sanctis
Fratelli Treves Editori Milano, 1902, pagine 424

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   •3Ò8 GIUSEPPE MUSOLINO.
   durante il ritiro dei giurati nella Camera del. Consiglio dalle 12,35 alle 18,20 di quel dì 11 giugno, il bandito, che rimase sempre in camera di sicurezza, apparve tranquillo, anzi ostentava indifferenza; mangiò-la zuppa, e poi toltasi la giacca di dosso se ne fece un cuscino; e si sdraiò a terra per dormire. Ancora una volta egli dava prova della sua capacità inibitoria, riuscendo a dominarsi in un momento così critico e solenne della sua esistenza, pur essendo indebolito, stanco e — noi lo crédiamo bene! — realmente emozionato.
   Alle ore 19,10 gli accusati sono ricondotti nella gabbia. Musolino entra con passo sicuro,, ma tosto si sofferma sorridente a guardare il pubblico con un'aria interrogativa. Durante la lettura che il Cancelliere fa del lungo verdetto dei giurati, egli resta in piedi per un pezzo, poi si siede, ma sempre è attento e si sforza di apparir calmo. Era ben facile tuttavia indovinare la sua interna agitazione; egli era pallido, si mordeva il labbro inferiore, e spesso sputacchiava. A un certo momento, domandò all'avv. Ansaldi che cosa significasse la formula « a maggioranza ». Dalla risposta dovè essergli facile arguire la grave condanna imminente. Pur tuttavia seppe padroneggiarsi.
   E la condanna venne, e severissima. Il Pubblico Ministero, dopo il verdetto affermativo dei giurati, richiese per Giuseppe Musolino la pena dell'ergastolo coll'aggravamento della segregazione cellullare. Il bandito ascoltò quasi serenamente tale grave richiesta, e al Presidente che lo interrogò se avesse nulla da aggiungere, rispose calmo: «Nulla, signor Presidente.... ricorrerò in Cassazione». Il pubblico restò ancora una volta deluso; era mancato il bel gesto.
   Alle 19,45 la Corte si ritirò per la sentenza; nel frattempo Musolino volle baciare uno ad uno i complici che il verdetto