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col consiglio, anche fuori della scuola: ed ecco le auree parole del Maestro a un giovine: « Studi da capo a fondo, per tutti i versi, s'intende, anzi tutto per la lingua. Ponga codesto solido fondamento all'edilìzio che verrà su. Cotesta è l'età. E non intermetta l'esercizio di scrivere. In gioventù bisogna scrivere molto : per sè, tanto meglio, e a poco a poco anche per gli altri. Ella non può subito esser giudice di sè stesso scrittore; ma un po' per volta sentirà di far meglio e ci avrà piacere. Legga, legga bene i grandi prosatori; e scriva, mi raccomando. Lo studio delle cose e dei fatti e delle idee non glielo raccomando: s'intende da sè. Ella ha ingegno, facoltà, attitudini. Ella ha (e la serberà sempre) la religione dell'arte e della verità, che è il sentimento della sublime dignità umana, la religione dell'ideale umano, in somma... Mi voglia bene, perseverando nel bene anche a costo di aver male. Che importa? Ma in somma il fermo carattere è anche guarentigia di riuscita buona. La benedico come se fosse mio tìglio » (3). Alle quali parole fanno eco quelle altre che dovrebbero essere scolpite, come un programma di vita operosa e illibata, nella mente e nel cuore di tutti i giovani: « Io ho voluto ispirar me e inalzar voi sempre a questo concetto: di anteporre sempre nella vita, spogliando i vecchi abiti di una società guasta, l'essere al parere, il dovere al piacere ; di mirare alto nell'arte, dico, anzi alla semplicità che all'artifizio, anzi alla grazia che alla maniera, anzi alla forza che alla pompa, anzi alla verità ed alla giustizia che alla gloria. Questo vi ho sempre ispirato e di questo non sento mancarmi la ferma coscienza ».