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Giosue Carducci
Biografia - Opere - Metrica
A. Franzoni
Società Tip. succ. Wilmant Lodi Milano, 1909, pagine 92

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   onde la celebrazione del genio riuscì solenne. Al Maestro venne allora offerta una medaglia d'oro e una pergamena con la copia del Diploma di Cittadino onorario di Bologna: e il senatore Pasolini porse al Poeta venerato un ramoscello dell'alloro che cresce sulla tomba di Dante, del Divino a cui, come a faro fulgente, aveva tenuto sempre rivolti gli sguardi Giosuè Carducci. I Ma pur troppo, però, quegli ultimi furono anche gii anni di indicìbile strazio per lui: perchè, gradatamente, venne condannato da grave paralisi a una terribile inerzia, a non poter quasi più uè parlare nè scrivere nè camminare: supplizio tanto più orrendo in quanto la lucidità della intelligenza gliene lasciava misurare tutta l'atrocità. Un primo assalto dello straziante male lo colse il 25 novembre del 1899 a Bologna: dal quale momento non potè più riacquistare il completo uso dello scrivere, se non assai stentatamente e solo per un paio d'anni: fu quindi costretto a dettare. Ma nessuno, vedendo ancora qualcuna delle sue mirabili prose, avrebbe pensato che erano di un infermo; il quale, oltre a far ciò, pur continuava a curare l'edizione delle sue opere. Anzi, proseguiva ad insegnare, come insegnò sino alla fine del 1904, e in quello stesso anno compieva l'ultimo suo lavoro Su la canzone di Dante delle tre donne, dedicandola a Cesare Zanichelli, al quale scriveva: «Sono og-gimai quarant'anni, o Cesare, ch'io col discorso delle Rime di Dante posi il pie fermo nel campo dello scrivere italiano: ed ora stanco ne lo ritraggo con questo saggio su la più nobile canzone di Dante: da lui cominciai, con lui finisco ».