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E l'ideale si rileva nuovamente a volo nel focose canto Avanti! Avanti!
Avanti, avanti, o sauro destrier de la canzone L'aspra tua chioma porgimi, ch'io salti anche in arcione
Indomito destrier. A noi la polve e l'ansia del corso e i rotti venti, E il lampo de le selici percosse, e de i torrenti
L'urlo solingo e fier!
Allora il popolo d'Italia, vecchio titano ignavo, si risveglia sotto lo scalpitare dell'indomito sauro: e un'onda novella di memorie fluisce dalle floridei piaggie del mar Toscano, e un desiderio torna al cuore di cantare gli aprili dei colli italici, lieti di messi e di flori. Così avviene che l'inno freinentel del Poeta ch'ebbe una maledizione per tutte le, ingiustizie, si tramuti e tinisca nel Canto dell'amore, che ha invece una benedizione per tutte le bontà, che abbraccia nel suo lirico amplesso gli estremi lembi d'Italia, dall'Alpe al mare, eli è] stringe in un solo palpito, oltre l'Alpe ed il mare,, tutta l'umanità, che sogna in una radiosa visione le* nuove e soavi madonne del Perugino: e prorompe inlìne nel divino saluto che ormai le generazioni ripeteranno come il saluto di un messia:
Salute, o genti umane affaticate !
tutto trapassa e nulla può morir.
Noi troppo odiammo e sofferimmo. Amate !
Il mondo è bello e santo è l'avvenir.
Ma questi Giambi ed Epodi che suscitarono tanto rumore al loro apparire sono stati poi dalla critica ritenuti come meri belli di quanto la passione dei tempi aveva giudicato. Non par quella bollente! d'ira la parte immortale dell'arte carducciana; lo è